IL CORSIVO – Salvini e la Legge (non) uguale per tutti

Tra nove giorni, il 18 ottobre, presso il Tribunale di Palermo, l’avvocato Giulia Bongiorno terrà l’arringa difensiva nel processo Open Arms che vede imputato il ministro e leader della Lega Matteo Salvini, per il quale la pubblica accusa ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione.
I fatti sono noti, indubitabile che la vicenda abbia una connotazione politica: le ipotesi di reati sono tutte riferite alle determinazioni assunte dal ministro nell’esercizio delle sue funzioni.
Altro, tuttavia, è la forte e pericolosa spinta di “politicizzazione” che il leader e i parlamentari della Lega stanno imprimendo alla vicenda giudiziaria. I 65 deputati e i 29 senatori leghisti, infatti, sono stati convocati nel capoluogo siciliano – lo stesso giorno dell’arringa del difensore – per una manifestazione di solidarietà.
A tutti è concesso il diritto di manifestare, ci mancherebbe. Tuttavia non si può sottacere la verità sostanziale di una grave ingerenza simbolica nell’autonomia del potere giudiziario, ovvero d’un maldestro tentativo di delegittimare la magistratura: una circostanza tanto più raccapricciante se si consideri che i protagonisti di questa alzata di scudi sono i rappresentanti del Parlamento.
Siamo dinanzi ad una pessima caduta di stile istituzionale da parte di chi ha organizzato questo contro-processo di piazza. Dopo lo show di Pontida, dove Orban si è spinto addirittura a definire Salvini “un eroe”, il leader della Lega ha perso una grande occasione per dimostrare – con coraggio ed umiltà – di sentirsi e di essere un ministro uguale a tutti i comuni cittadini di fronte alla Legge. Questo, sì, sarebbe stato un gesto decisamente “eroico”.

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