IL CORSIVO – Automotive: J’accuse di Montezemolo
È un J’accuse inappellabile la lezione sull’Automotive Italia tenuta da Luca Cordero di Montezemolo a Cuneo durante la visita alla mostra dedicata a Vincenzo Lancia.
Davanti ad una Fulvia griffata Zagato, ha detto: “Zagato ha disegnato anche diverse Ferrari, oggi invece Ferrari fa disegnare modelli elettrici a gente che non ha mai progettato auto”. E ancora: “Queste Lancia Fulvia sono capolavori assoluti per ingegneria e design. Io mi sento felice e commosso di vederle tutte assieme. Ma sono anche molto triste. L’Italia non ha più una produzione di automobili. Fiat non c’è più, Maserati non c’è quasi più e così Lancia e Magneti Marelli e Comau. Tutti marchi ex italiani, venduti ad azionisti esteri. Il marchio Lancia si produce ancora ma all’estero, forse in Spagna, sicuramente non più nel nostro Paese. Perfino la Fiat Seicento, simbolo della nostra industria nel dopoguerra, è prodotta in Polonia, mentre i nostri stabilimenti sono vuoti e gli operai vengono umiliati dalla cassa integrazione. Ci sarebbe da indignarsi, ma sento solo un silenzio assordante”.
Bravo Montezemolo! Ha detto cose che dovrebbe dire la Politica, che invece tace. Con grande discrezione, come è sempre stato nel suo stile, ha fatto allusioni precise e chiare, senza mai nominare certi “padroni” che continuano a fruire di contributi e benefici in Italia e producono all’estero.
Si è detto infine molto favorevole all’ipotesi di approdo in Italia di investitori esteri: “Viviamo una stagione drammatica di deindustrializzazione. Sono sconcertato dal silenzio di tomba sull’industria automobilistica, ormai siamo soltanto l’ottavo produttore europeo di vetture. Dunque dobbiamo attrarre investitori: dall’Europa, dall’America e anche dalla Cina. Non possiamo lasciar morire tutte quelle aziende di componentistica auto che hanno fatto avanzare il Paese”.
Parole di sicura saggezza e di sano pragmatismo. Illuminante, al riguardo, appare il riferimento alla Cina, con quell’«anche» che non è aggiuntivo ma strategicamente inclusivo. Perché delle due l’una: o si fa in modo che la Cina investa corposamente in Italia nell’automotive, oppure c’è il rischio, nient’affatto remoto, che l’Italia sarà costretta ad importare auto soprattutto dalla Cina.
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