IL CORSIVO – La “insicurezza” sul lavoro e il profitto impunito
L’essenza del messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione (ieri) del 15esimo anniversario del disastro ferroviario di Viareggio: “La sicurezza nei trasporti, come quella sul lavoro, è un indicatore di civiltà che deve prevalere su qualsiasi logica di profitto, perché incide sulla vita delle persone. È questa una lezione che mai deve essere dimenticata”.
Parole sagge, come sempre, quelle del Capo dello Stato. Ma anche, purtroppo, parole al vento. Come del resto si può riscontrare ogni qualvolta c’è di mezzo il profitto.
Bisogna rassegnarsi? Arrendersi? Mai. Epperò qualcosa di più forte e concreto è necessario farlo, se non vogliamo restare prigionieri a vita della retorica delle parole, ancorché sagge e belle. Di certo non tocca al Presidente della Repubblica fare ciò che si può oltre le parole. Tocca al potere legislativo. Tocca al potere esecutivo. Tocca al potere giudiziario. Perché una cosa è certa, ed è la seguente. Se nel novanta per cento dei casi, o poco giù di lì, le morti sul lavoro sono imputabili all’insufficienza di sicurezza, e se si tien conto che la sicurezza ha un costo, ergo chi risparmia sulla sicurezza fa più profitto, non si sfugge: è sul profitto in più che bisogna agire, con tutti e Tre i Poteri fermamente intenzionati a fare ciascuno con estremo rigore la propria parte, cosa che in ogni evidenza fino ad ora non hanno fatto, quanto meno non tutta.
Sicché delle due l’una: o s’imbocca e si percorre per intera questa strada, oppure lasciamo in pace i morti sul lavoro. Sempre, ma soprattutto quando ne ricorrono gli anniversari.
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