IL CORSIVO – La sovranità improbabile del senatore Borghi

Rieccoti il senatore Claudio Borghi, il “bombarolo politico” della Lega, ricomparire con una delle sue consuete sortite esplosive, quelle che vengono scientificamente pensate per far rumore, specie quando si è a corto di argomenti, tanto più se a pochi giorni di distanza c’è una competizione elettorale importante, quale ad esempio è quella delle europee di sabato e domenica prossimi. Proprio perché questo voto ha valenza europea, Borghi deve spararla grossa. E cosa potrebbe esserci di più appetibile che puntare, nientepopodimeno, che al cuore del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella? “Si dimetta”, urla in un post il senatore leghista.
Ve l’immaginate il Capo di Stato più amato e stimato della nostra storia repubblicana che si dimette perché lo chiede il senatore Borghi, ossia uno che non ha capito ciò che il Presidente ha detto il giorno della Festa della Repubblica?
Ecco, partiamo dalle parole di Mattarella che hanno fatto imbufalire Borghi.
Ha detto: “Fare memoria del lascito ideale di quegli avvenimenti fondativi è dovere civico e preziosa opportunità per riflettere insieme sulle ragioni che animano la vita della nostra collettività, inserita oggi nella più ampia comunità dell’Ue cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento europeo, la sovranità”.
Leggiamo ora in sequenza i tweet del senatore Borghi: “Il capo dello Stato si dimetta”, “Il 2 giugno è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la sovranità della nostra nazione”, “Se il Presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione Europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso”, “Se qualcuno vuole cambiare l’articolo 1 della Costituzione e scrivere che la sovranità appartiene alla Ue invece che al Popolo non ha che da depositare una proposta di legge”.
Un’arringa impietosa, quella di Borghi, ma senza alcun fondamento. Sarebbe sufficiente che il senatore leggesse con maggiore attenzione quel passaggio del Presidente, e soprattutto che andasse a “ripassarsi” l’articolo 11 della Costituzione, per rendersi conto del granchio che ha preso.
Ma tant’è! Come si diceva, l’importante è provocare rumore, indipendentemente dall’effetto che fa.

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