Ho sognato Napoleone
Questa notte ho fatto un sogno insolito, ma ancora più insolito è che, a distanza di poche ore, ho acceso la tv e ho rivisto tutto, come nel sogno.
Nel 1793 Napoleone riconquistò Tolone, lasciando tutti increduli, ed io l’ho sognato.
Ho anche sognato la sua crisi e i suoi propositi suicidi, l’incarico di ristabilire l’ordine durante i moti di Parigi, il suo non schierarsi, reprimendo le sue emozioni. Ho sognato il suo cavallo ucciso e la lettera al fratello in cui disse: “Anche questa volta non mi sono fatto un graffio”.
Ho sognato l’incontro con Giuseppina nel 1795, il colpo di fulmine, la guerra nel 1796, l’attacco del generale all’Austria e l’offensiva verso Milano. Poi Verona, le truppe che lo attesero, il nord dell’Adige, la superiorità numerica degli austriaci. Ho sognato le truppe che raggiunsero le paludi del veronese, il contingente avversario, lo studio della strategia finita in un gioco d’azzardo.
Ho sognato l’audacia dell’azzardo, le sue gesta temerarie, la sua esposizione al nemico, il colpo al cuore, la caduta nel fango, il fallimento, il fratello Luigi che lo salvò. Non morì. Ho sognato la stella che lo proteggeva e vegliava su di lui, il suo “credo”.
Ho sognato le bozze delle sue lettere, la propaganda per esaltare sé stesso e le sue battaglie, anche quelle fallimentari. Ho sognato il ponte di Arcole e il quadro che lo rappresenta come un mito, anche se fu sconfitto.
Ho sognato la sua leggenda, l’uomo influente sulle sorti di un popolo, assetato di avventura.
Ho sognato il sogno della conquista dell’Egitto e dell’India sulle orme di Alessandro Magno.
Ho sognato la guerra in Bretagna, la guerra nei territori conquistati come l’Italia, la Francia, poi il Direttorio screditato, il complotto per rovesciarlo, il golpe bianco.
Ho sognato che il regime in disfacimento lasciava il posto a uno più forte, il ritorno dall’Egitto, la follia del ritorno in patria. Ho sognato che, quando tutti pensavano fosse morto, ci fu la sorpresa dello sbarco in Costa Azzurra. Venne acclamato dalla folla che lo esaltò facendolo sentire il salvatore glorioso e potente.
Ho sognato la sua impazienza, il 1799, la corsa a Saint.Clou, il colpo di stato, la trama contro di lui. Ho sognato la pretesa di essere ubbidito, l’irruenza, l’ingresso all’assemblea degli anziani in tribuna parlamentare, la seconda camera presieduta dal fratello Luciano, le urla, il clima tumultuoso, il rifiuto.
Ho sognato i pugni dei deputati, il malore, il condottiero intimorito dagli uomini in toga, la paura già provata il 10 agosto 1792 a causa dei colpi della folla.
Ho sognato che ancora una volta trasformò un fallimento in una vittoria, i pugnali immaginari, il trionfo sulla morte, il richiamo a Cesare. Un nuovo Cesare sfuggito ai pugnali dei congiurati.
Ho sognato il dipinto in cui si sente un Cesare, un fondatore, lo statista che salvò uno Stato.
Primo console, divenne bersaglio di ogni complotto, ho sognato anche questo.
Ho sognato Giuseppina che lo portò all’Opera e la morte che lo sfiorò sul serio durante un attentato con un carro bomba vicino a Les Tuilerie. Violenza inaudita, 20 morti, corpi carbonizzati nel cuore di Parigi. Un vero e proprio attentato terroristico.
Ho sognato il suo sangue freddo, l’entrata in teatro all’Opera, lo sfoggio della fortuna che lo aveva assistito insieme a Giuseppina. Ho sognato che credeva nella Dea Fortuna, nella logica delle intercessioni.
Ho sognato la furia contro l’attentato.
Ho sognato l’accusa ai giacobini, l’arresto di 130 di loro, anche se veri attentatori furono altri: i “realisti”.
Ho sognato la consapevolezza della fragilità del suo potere, la negoziazione e i trattati con i paesi europei, la paura della caduta del potere e la nomina di console a vita.
Ho sognato che pensava alla morte, ma si sentiva l’uomo necessario.
Ho sognato il console a vita, il potere assoluto tra il 1800 e il 1804. Efficacia, rapidità, bando agli indugi, adozione del codice civile, cambio di fisionomia del Paese.
Ho sognato che fu inarrestabile, la battaglia di Marengo sul cavallo bianco, il quadro. Capolavoro di comunicazione, il mantello color porpora, iconografia classica, punto di arrivo di un processo storico.
Ho sognato il 2 dicembre 1804: l’incoronazione a Imperatore, la corona sulla testa di Giuseppina.
Ho sognato Austerlitz, la vittoria eclatante, l’Europa ai suoi piedi, ma ancora il rischio di morte.
Ho sognato che cercava di dare il buon esempio e di trascinare le truppe.
Ho sognato che un cittadino tedesco lo voleva morto. Ho sognato la conquista e il sostegno delle popolazioni locali conquistate, la faccia dell’aspirante assassino tedesco con il quale si volle confrontare: un ragazzo di 17 anni che lo considerava un oppressore.
Ho sognato che Napoleone lo interrogò e decise che era un pazzo.
Ho sognato che lo strapotere della Francia per lui era qualcosa di positivo e di divino, era ossessionato da sé stesso e dall’ossessione di farsi amare.
Ho sognato che Giuseppina non poteva avere figli e lui decise di ripudiarla. Voleva un discendente diretto. Ho sognato che fece murare la porta per non vederla, la cena in cui le comunicò il ripudio, lo svenimento di lei.
Ho sognato il divorzio consensuale e le nozze con Maria Luisa, nipote di Maria Antonietta e figlia di Francesco I d’Austria.
Ho sognato il precipizio della campagna di Russia nel 1812, la catastrofe, l’inizio della fine, lo sgretolarsi dell’impero.
Ho sognato che nel 1814 perse tutto, non dormiva più, scriveva lettere a Maria Luisa, una lettera d’addio ripetuto.
Ho sognato la rassegnazione, la volontà di morire con una bevanda letale. Ho sognato Napoleone con le spalle al muro. Ho sognato l’angoscia del destino, il panico, il tormento di non voler accettare la sconfitta, il desiderio di morte.
Ma morire è faticoso.
Ho sognato il veleno sfumato e inefficace, il fallimento del presunto tentativo di suicidio.
Ho sognato il trattato di Fontainbleu. L’isola d ’Elba, il destino compiuto, il suo essere “uomo classico”. Ho sognato la sua angoscia della non accettazione della sconfitta.
Ho sognato che non riuscì a morire.
Ho sognato il suo domestico che notò qualcosa di insolito, ma nessuno sa cosa successe davvero. Ho sognato che “il grande Napoleone” non poteva essere un debole e che ad un certo punto si inventò un nuovo destino: diventare scrittore. Dichiarò di voler “sostituire la penna alla spada” per tornare in auge e rimanere nel vivo del dibattito.
Ho sognato Napoleone sull’isola d’Elba, l’imperatore decaduto che si sente soffocare e non lascia trapelare le sue intenzioni. Camminava per ore e seguiva le notizie dalla Francia. Non scriveva a nessuno.
Ho sognato i Borboni, il re di Francia Luigi XVIII che non stava funzionando, la decisione di evadere e di tornare in patria attraversando il mare, per poi avanzare verso Parigi. Ho sognato che non ne aveva parlato con nessuno.
Ho sognato che evase il 26 febbraio navigando su acque controllate dagli inglesi.
Ho sognato il 7 marzo 1815, la partita da giocare, la scommessa con la morte, le truppe di Luigi XVIII che lo attendevano, incaricate di fermarlo.
Ho sognato la sua vita di nuovo nelle mani del destino, la “route Napoleon”, la giocata d’azzardo, la scommessa sull’orlo del baratro, gli schieramenti faccia a faccia, la Marsigliese.
Ho sognato l’ennesima sfida alla morte, la lettera di un cittadino che raccontò l’Imperatore disperato, la convinzione di avere ancora ammirazione.
Ho sognato che prese un rischio sconsiderato e un capitano che ordinò il fuoco. Ma fu silenzio e tutti gridarono “viva l’imperatore!” marciando su Grenoble.
Ho sognato il trionfo, il ritorno, il ritiro di Luigi XVIII.
Ho sognato che l’Europa lo dichiarò fuori legge accusandolo di mettere a rischio gli equilibri mondiali.
Ho sognato la nuova guerra in Belgio e la buona stella che lo abbandonò. Ho sognato che abdicò una seconda volta dopo la sconfitta di Waterloo.
Ho sognato l’atto finale, l’esilio, la condanna alla vita su uno scoglio nel bel mezzo dell’oceano: l’isola di S. Elena.
Ho sognato che non lo giustiziarono per non farlo diventare un eroe.
Ho sognato che Napoleone avrebbe preferito morire a Waterloo. Aveva 48 anni un’ulcera, forse un cancro.
Ho sognato che sognava la gloria mentre costruiva la sua leggenda, subendo il martirio.
Ho sognato il martire, l’isola deserta, tetra, la detenzione, il despota che si trasforma in vittima e il suo carnefice inglese.
Un carnefice spietato, da lui stesso enfatizzato, creato e manipolato per non morire da orco e da tiranno, ma da vittima.
Napoleone fu artista del suo destino, capovolse la sua immagine di uomo dispotico e intransigente per farsi ricordare come martire.
Ho sognato il marzo 1821, la morte che “doveva essere all’altezza”, l’agonia, la lucida consapevolezza di una fine degna di un sovrano.
Ho sognato l’ossessione per l’immagine di monarca, di statista, di fedele. Ho sognato la confessione. Un sovrano incoronato a Notre Dame doveva morire cristiano.
Ho sognato la meticolosità con cui organizzò la sua camera ardente.
Ho sognato il 5 maggio, ore 5.49.
Ma la storia non finisce con la sua dipartita e assume una dimensione inedita.
Ho sognato il messia della rivoluzione, il Napoleone risorto con luce cristica, i suoi soldati che non avevano una religione, ma solo il loro imperatore, il messia della rivoluzione, un semi Dio.
Ho sognato il rimpatrio delle spoglie a Parigi, a 20 anni dalla morte dell’uomo che credeva nel suo destino, la tomba imponente a Les Envalides, la dimensione di leggenda.
Ho sognato la citazione: “Da vivo il mondo gli è sfuggito, da morto lo possiede”(Chateaubriant ).
Mi sono svegliata dal sogno e mi sono resa conto che Napoleone è ancora qui. Si è reincarnato nelle anime di uomini che, come lui, giocano col destino delle nazioni provocando guerre feroci, sacrifici umani, manipolazioni, nel nome di una “deviazione mentale” di una sete di potere, di un narcisismo, che non hanno a che fare con il bene, l’equilibrio, il progresso dei popoli.
Ci sono troppi Napoleoni ossessionati da loro stessi, supportati e aggravati dal progresso tecnologico e da dinamiche geopolitiche sempre più intricate e sofisticabili.
Credo di non aver sognato a caso i passaggi salienti della storia di Napoleone, come direbbe Freud.
A prescindere dal piacere di un ripasso della storia, che non fa mai male, mi sono svegliata con la consapevolezza di un senso di impotenza atavica, claustrofobica, universale, inesorabile, nei confronti degli esseri umani che, in ogni ambito e in ogni epoca, manovrano i fili del potere o soffrono di sindrome di onnipotenza, a prescindere, o per frustrazione dello stesso potere che non hanno.
I “nuovi napoleoni” rafforzati da muscoli tecnologici, meno epici, ma sempre più sofisticati, giocano d’azzardo, si impongono a popoli e nazioni, illudono, agiscono e tramano strategie geopolitiche, offuscati dal desiderio di controllo, di comando, di manipolazione, totalmente incuranti di rappresentare un vero e proprio incubo universale.
Torniamo sempre allo stesso punto: la storia che non insegna e l’inesorabile fallimento dell’evoluzione della specie umana.
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