Capaci di decidere

(Franco Genzale) – “Capaci di decidere” è un saggio di recentissima pubblicazione, opera di Gianmario Verona, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso il Dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi, della quale è stato Rettore dal 2016 al 2022. Vale anche ricordare che a luglio del 2022 la Presidenza del Consiglio dei Ministri lo ha nominato Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Fondazione Human Technopole.
La prefazione del volume reca la firma di Daniele Manca, la Postfazione quella di Carlo Bonomi.
Il titolo dell’opera si completa con un sommario chiaramente esplicativo: “Prospettive e buone pratiche dai leader di oggi per i leader di domani”.
Il messaggio essenziale è interpretato dallo stesso autore con le poche righe impresse sulla controcopertina del libro: “La realtà di oggi richiede di abbandonare il decision making semplicista del passato, impostato su una pianificazione squisitamente verticale divenuta incoerente con il nuovo stato del sistema. / La complessità deve essere compresa, prima ancora che risolta: per questo dobbiamo anzitutto sviluppare la capacità di fare problem framing anziché puntare immediatamente al problem solving”.
Abbiamo chiesto al Professor Verona, per questo Blog e per il sito di Itv, una sintesi del pensiero espresso nel suo saggio. Ha generosamente accolto l’invito. Ne siamo onorati e lo ringraziamo, anche per l’omaggio che ci consente di fare ai nostri lettori.
Ecco il testo-sintesi dell’illustre Accademico.


– DI GIANMARIO VERONA* –

Dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, per poter prendere decisioni sensate e ponderate e poter organizzare il piano di lavoro nel tempo, le imprese di ogni dimensione e industria impiegano piani strategici di medio-lungo termine che coprono orizzonte temporali di tre ai cinque anni. I piani rappresentano la bussola decisionale della navigazione aziendale sia nel mondo privato sia in quello della pubblica amministrazione. Dopo averli disegnati, i bravi leader li negoziano pazientemente con gli azionisti e li cristallizzano in modo da poter avere un riferimento oggettivo e costante durante l’operatività quotidiana del viaggio intrapreso.

Se questo modo di operare è rimasto invariato, un vero e proprio tsunami è occorso nel contesto in cui i leader si trovano oggi a prendere decisioni: la “permacrisi”.

Dai suoi albori, il nuovo millennio non ha difatti lesinato sorprese radicali nello scenario macroeconomico e sociale che definisce l’alveo entro cui le decisioni sono prese. Dalla bolla speculativa di Internet e dell’11 settembre di inizio secolo, passando attraverso la bolla finanziaria del mercato immobiliare del 2008 e la crisi dei debiti sovrani del 2011, giungendo alla pandemia iniziata nel 2019 e alle recenti invasioni dell’Ucraina e della guerra nella striscia di Gaza, il mondo sembra letteralmente senza pace. Pur sembrando distanti dalla realtà delle imprese in cui viviamo, le ripercussioni della permacrisi ricadono purtroppo sulle nostre decisioni: gli imprevedibili shock di offerta materiale e finanziaria accaduti in questi anni portano a dinamiche imprevedibili di tassi di interesse, inflazione e conseguentemente di consumi. Tutto ciò si riverbera sulle catene logistiche, che mettono in discussione la globalizzazione costruita proprio alla fine del secolo scorso, e sull’operato dei concorrenti che si trovano a mutare decisioni e a spiazzare quanto immaginato nei nostri piani.

Come fa quindi oggi il nostro povero decisore a scegliere in un contesto di permacrisi che produce complessità mettendo in discussione la cornice così pazientemente organizzata e finalizzata? Quattro le ricette che i buoni leader sembrano mettere in campo nel processo decisionale.

Anzitutto, aver la certezza che il piano occorrerà aggiustarlo lungo il viaggio che andiamo a percorre – e questo in funzione della turbolenza che incontreremo. Del resto, come diceva il Presidente Eisenhower, l’importanza del piano strategico sta soprattutto nello sforzo che ci porta a pensare e vivere la pianificazione più che all’esito materiale cui giunge.

Scegliere poi una squadra eccellente: il capitale umano e le competenze di cui è fornito sono il punto di partenza di qualsiasi buona decisione. E, anzi, la sensibilità e la flessibilità con cui occorre valutare il contesto sono ancora più importanti oggi di ieri dove alle soluzioni (problem solving) occorre anteporre una attenzione particolare alla contestualizzazione dei problemi (problem framing). Le persone giuste e le loro qualità, cioè, sono sempre di più il punto di partenza di un processo decisionale vincente.

Farsi poi aiutare dalla tecnologia e in particolare dalla intelligenza artificiale: che anziché nemica e antagonista di Sapiens può diventare una vera e propria alleata in un momento come quello attuale dove è necessario produrre informazioni e conoscenza velocemente e massivamente. A questo buon fine può tra l’altro soprattutto servire la Generative AI, resa famosa da Open AI con ChatGPT e da Google con Gemini.

Da ultimo, puntare a una delle poche certezze di questo nuovo secolo decisionale: la sostenibilità (conosciuta oramai sotto l’acronimo ESG). Puntare cioè a scelte che non danneggino, anzi valorizzino l’ambiente (Environment), integrare e includere la diversità (Social), e puntare ad avere una missione che si muove oltre al semplice profitto, ma che miri a una finalità superiore, un vero e proprio scopo a 360 gradi (Governance).

Insomma, le permacrisi con la loro complessità ci tolgono le certezze della semplicità delle decisioni passate protette da un mondo meno globale, meno tecnologico e meno integrato. Ma se riusciamo ad arricchire le nostre decisioni con la saggezza dei buoni leader, possiamo forse continuare a impiegare la bussola del nostro piano strategico senza rischiare di rimanere in balia delle onde di un mare che in questi anni sembra entrato in una tempesta permanente.

*Presidente Fondazione Human Technopole, già Rettore Università Bocconi

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