Emozioni sul pentagramma
Renato Carosone nacque a Napoli il 20 giugno 1920 e si diplomò giovanissimo nel 1937.
Iniziò la sua carriera artistica a Massaua, nel 1937, portando in giro compagnie di rivista per i nostri coloni e soldati dell’Africa orientale.
Lavorò con lui il comico Renato Rascel, insieme al quale ottenne grande successo ad Addis Abeba nel 1938, e, con un gruppo di altri artisti, nel 1940.
Successivamente si affermò al teatro “Odeon” dell’Asmara, con la sua “compagnia di arte varia”.
Dopo nove anni di vita africana, rientrò a Napoli e riconsiderò, nel 1946, con diversa visione la canzone italiana e quella napoletana.
Dal 1946 al 1949, Carosone si esibì come pianista con varie orchestre, soprattutto nei night, trasferendosi da Napoli a Roma e maturandosi al “Colibri, al “Bernini” ed in altri locali alla moda. A Napoli, nel 1949, diede vita, con Wan Wood e Gegè Di Giacomo, alla sua prima formazione, che, nel 1951,si trasformò da trio in quartetto.
A Milano, in un grande spettacolo, partecipò anche Luis Satchmo Armstrong.
Renato Carosone diede un rilancio internazionale non solo alla canzone napoletana, ma addirittura alla canzone italiana, che stava perdendo quota.
Infatti, i giovani, attirati dai Platters e da Frankie Laine, erano stanchi di “sdolcinature” e cominciavano a preferire dischi americani incisi in lingue inglese, poiché più che il fatto raccontato con le parole, a loro interessava la musica ed il modo di cantare.
Carosone non solo riconobbe questo stato di fatto, ma vi intervenne creando una nuova canzone italiana capace di competere con quella americana.
Egli tese anche a fare spettacolo, creando un’atmosfera da udire, una “sceneggiata” con il coretto, la voce saltellante del nastro registratore che torna indietro, la sirena ,il fischietto, l’ocarina, il campanaccio delle vacche, la tromba d’automobile.
Nel 1958, Carosone lanciò “’O sarracino” e “Torero”; nel 1959 “Caravan petrol”; ed in cinque anni ottenne ben cinquantotto successi.
Ebbe numerosissimi imitatori, nonché seguaci; ed il 7 settembre 1960, quando era all’apice della popolarità, annunciò, nel corso di una trasmissione televisiva il suo addio all’arte (non subito creduto da noi spettatori), affermando che anche i leaders debbono saper lasciare al momento giusto.
In quella serata di commiato, venne eseguita, fra le altre canzoni, anche “Scapricciatiello”, nell’arrangiamento di Carosone e già resa celebre grazie all’interpretazione di Aurelio Fierro, canzone che aveva rinverdito le antiche glorie di Piedigrotta e che, all’indomani della scomparsa di Zi Teresa, aveva fatto pensare ad un ritorno alle origini.
Carosone rimase soltanto un poco vicino alla musica leggera, presentando “Gondolì, gondolà” al festival di Sanremo ed aprì per breve tempo una sala di registrazione a Milano.
Poi lasciò anche questa città, che aveva decretato il suo successo, e si trasferì in montagna, lui napoletano, uomo di mare, nell’alta Valle Imagna, sulle prealpi orobiche.
Spiegò, senza mostrare rammarico, di aver lasciato così presto dicendo “il mio momento stava passando, definitivamente, senza possibilità di ritorno; dopo essere stato per tanto tempo all’avanguardia, non potevo farmi spingere dietro le quinte senza rimanere scioccato” “Per rimanere a galla, avrei dovuto farmi crescere i capelli e mettermi ad urlare; quello era il tempo di Dallara, non il mio; oggi io suono il pianoforte per me stesso e trovo che è molto bello”.
Una speranza di tornare ad essere numero uno gli sarà rimasta nel cuore.
Pur avendo ricevuto offerte di lavoro, per l’estate, da ogni parte d’Italia, egli non volle rinunciare a Capri.
Intanto, nel 1948, aveva lanciato “Scalinatella” e ripreso “Mi so ‘mbriacato ‘e sole”, raggiungendo la sua massima celebrità nel 1950, con “Anema e core”, che rappresentò l’inizio di una nuova scuola e l’avvento di parolieri ad altissimo livello.
Fu opera di Tito Manlio (pseudonimo di Domenico Titomanlio) nato a Napoli nel 1901 e formatosi alla scuola del poeta Galdieri.
Tito Manlio scrisse la sua prima canzone nel 1927, intitolata “Casarella”, applaudita da migliaia di napoletani la sera dell’esordio, presenti anche il trasvolatore De Pinedo e lo scultore Gemito.
Nel 1935 Tito Manlio si trasferì a Roma, ove ebbe la funzione di propagandista, presso una casa editrice musicale.
Venne molto apprezzato per la sua composizione ”Voglio vivere così col sole in fronte” e, durante la guerra, con la canzone patriottica “Caro Papà”.
Roberto Murolo, che nel 1951 aveva scritto i versi di “O Ciucciariello” (Musicata da Nino Oliviero), interpretò anche vari film, tra cui “Tormento” (con Amedeo Nazzari ed Yvonne Sanson.) e “Tre passi a nord” (con Aldo Fabrizi e Lea Padovani). La chitarra fu lo strumento che accompagnò sempre Murolo nella sua scalata al successo.
Nello stesso anno 1959, insieme ad “Anema e core”, nacque “Luna Rossa” di Vincenzo De Crescenzo e Vian (pseudonimo di Antonio Viscione), il più strepitoso successo del dopoguerra, che parla di un innamorato il quale passeggia contando le stelle “ca so’ asciute, con “mani int’a sacca e bavaro aizato”.
Nel successivo anno 1951, nel quale si inaugurò a Sanremo il primo Festival della canzone italiana, si affermò anche “Aggio perduto ‘o suonno” di Alvise Natili e Gino Redi.
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