IL CORSIVO – Napoleone, Wellington e… Matteo Renzi
Il Corriere della Sera sta ripubblicando da qualche giorno interviste e articoli tra i più letti o più apprezzati nell’anno che sta per andarsene. L’edizione di ieri ha offerto una gradevolissima intervista (raccolta da Antonino Padovese) a Natale Oscar Farinetti, fondatore ed ex Amministratore delegato degli Eataly, ex proprietario della catena di grande distribuzione Unieuro, scrittore.
Era da poco uscito il suo ultimo libro sull’ottimismo, e l’intervista era imperniata su questo tema.
Una delle domande: “Lei si spese molto a favore di Renzi all’epoca in cui divenne presidente del Consiglio. Fallì perché non fu abbastanza ottimista?”.
La risposta: “Renzi si è incartato allo stesso modo in cui si incartò Napoleone contro Wellington. Napoleone era il più bravo a far la guerra ed era l’uomo più colto. Alla fine Wellington, coetaneo di Napoleone, ha fatto alleanze con mezza Europa. E allo stesso modo Matteo Renzi, che era il politico più bravo, aveva una visione, nella campagna sul referendum costituzionale si è incartato perché aveva un’alleanza contro che andava dall’Anpi a Casa Pound. Succede ai più bravi che sanno di esserlo”.
Cosa dire? Farinetti ha ragione ma solo in parte. Renzi, infatti, ha perso la battaglia di Palazzo Chigi, ma ha vinto la guerra della qualità della vita: da presidente del Consiglio guadagnava meno di 200mila euro l’anno; da conferenziere e consulente, oltre che senatore, anche grazie alla notorietà raggiunta nei panni di Premier, oggi guadagna più di tre milioni di euro all’anno. Altro che Napoleone e Wellington! Parafrasando Antonio Gramsci (con licenza “politica” più che “poetica”) il Matteo nazionale (e internazionale) é oggi l’esempio vivente dell’ottimismo della volontà (di far soldi) che sconfigge e annulla il pessimismo della ragione di poter finire, prima o poi, con le pezze al fondoschiena.
I commenti sono chiusi.