IL CORSIVO – Il Covid? A domanda nessuno risponde
Adnr: A domanda nessuno risponde.
La domanda la fanno, implicitamente, gli ultimi dati sul Covid rassegnati ieri dalla Fondazione Gimbe, sostanzialmente l’unica fonte che ormai ci tiene aggiornati su un virus che il precedente governo e quello attuale hanno deciso di ignorare, forse immaginando che non tenerne conto fosse la migliore terapia per evitare decessi, sovraffollamenti ospedalieri ed altri guai, economici e sociali, dopo quelli registrati nei circa tre anni di pandemia. Chi non risponde sono le autorità sanitarie nazionali, quindi il ministro della Salute, quindi il governo.
Molto opportunamente, invece, Gimbe ci ricorda, con i numeri pubblicati ieri, che tra qualche tempo, più o meno tra un mese e mezzo, possiamo ritrovarci con le corsie degli ospedali di nuovo piene, le terapie intensive intasate, i controlli oncologici e d’altro tipo sospesi: insomma non il caos già visto dal 2020 all’anno scorso, ma qualcosa di simile che comunque farà danni.
Prendano appunti gli onorevoli consiglieri regionali di tutta Italia e i deputati e i senatori che sull’argomento tacciono, cioè tutti. Gimbe ci ha ricordato ieri che nell’ultimo mese sono morti di Covid in Italia 900 persone e che la proiezione ai prossimi mesi non promette nulla di buono. Ci ha ricordato che i casi positivi al tampone raddoppiano di settimana in settimana, insomma che Sars-Cov-2 torna a galoppare. E ci ha anche avvertito che “il numero dei contagi é largamente sottostimato perché il sistema di monitoraggio, dopo l’abrogazione dell’obbligo di isolamento per i soggetti positivi, poggia in larga misura su base volontaria”. Considerata la scarsa volontà di noialtri di monitorarci – mi permetto di aggiungere – si comprende facilmente quanto debole, in buona sostanza nulla, sia quella base d’appoggio.
Infine, Gimbe ci ha per di più fatto notare che la campagna vaccinale non è mai decollata, né per i giovani – e passi pure, anche se è sbagliato farla passare – né per gli over 60, né per i fragili. Il combinato disposto di questi quattro elementi – velocissimo incremento dei contagi, vaccinazioni flop, assenza assoluta di precauzioni e protezioni, stagione invernale – può rivelarsi un cocktail pericolosissimo capace di determinare una nuova emergenza sanitaria, appunto, tra i mesi di gennaio e febbraio.
A domanda nessuno risponde. Il ministero della Salute sembra stia vivendo una stagione di serenità mai conosciuta prima. D’altra parte, non è un buon segnale che il ministro Schillaci non si scomponga nemmeno di fronte allo sciopero sacrosanto di ieri dei medici ospedalieri, ancorché motivato non dal Covid in aumento ma dalla fragilità complessiva del nostro sistema sanitario. Il quale potrebbe di nuovo essere messo a durissima prova e quindi il Covid c’entra comunque, se le previsioni Gimbe sulla pandemia per i prossimi mesi dovessero rivelarsi azzeccate.
Sicché la domanda finale e scontata alle autorità competenti non può che essere la seguente: sicuro che non si debba far niente, ma proprio niente, per scongiurare i rischi che s’indovinano ora all’orizzonte d’una cinquantina di giorni da oggi? Sicuro che non sia utile e urgente una campagna a tappeto di persuasione sul fronte vaccinazioni? Sicuro che non sia consigliabile un po’ di mascherine almeno nei luoghi chiusi e affollati? Sicuro che non sia troppo imprudente evitare il tampone perfino in presenza di sintomi fortemente sospetti e, in caso di positività, imporre quanto meno l’obbligo della mascherina quando si è a contatto con il prossimo?
Spesso e volentieri un po’ tutti abusiamo dell’aggettivo “culturale” per definire e qualificare certi nostri comportamenti generalmente sbagliati. Ecco, il comportamento individuale che oggi stiamo tenendo rispetto al rischio Covid è culturalmente sbagliato. Colpa nostra, certamente. Ma chi ci governa ha una responsabilità collettiva decisamente più grave. È la responsabilità dell’indifferenza di fronte a un problema reale.
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