IL CORSIVO – Giulia e la “testa” del suo assassino

L’autopsia ha restituito i pietosi dettagli della morte di Giulia Cecchettin. Filippo Turetta l’ha colpita con un coltello violentemente una ventina di volte, in due fasi. Le ferite più profonde sono state riscontrate alla base del collo. C’e’ una certezza: è morta dissanguata, dopo aver tentato di difendersi, come provano le lesioni da lama alle braccia e alle mani. Quanto all’ora del decesso, non si esclude che possa essere spirata a Fossò, cioè nel luogo in cui aveva tentato di fuggire ed era stata fermata dall’ennesima coltellata che l’aveva fatta stramazzare a terra. Una lunga agonia, comunque.
L’autopsia é durata circa dodici ore e si è svolta mentre Filippo Turetta veniva interrogato in carcere dal Pm. Il corpo martoriato di Giulia ha parlato attraverso l’esame autoptico. Il suo assassino ha parlato rispondendo alle domande incalzanti del magistrato per circa nove ore. Ha confessato il delitto, e non poteva essere altrimenti. Ha ricostruito i dettagli della cena con Giulia al Mc Donald’s del centro commerciale Nave de Vero, poi il ritorno a Vigonovo alle 23,45. Tantissimi i “non ricordo” quando si entra nel merito dell’aggressione in via Aldo Moro, ad appena 150 metri dalla casa dei Cecchettin. Risposte farfugliate, sempre più confuse, fatta eccezione di una frase, chiarissima, che aveva già rassegnato al gip durante le dichiarazioni spontanee sul perché avesse ucciso Giulia. Questa: “Non so cosa mi sia scattato in testa, mi è scattato qualcosa”.
Eccoci al punto. Perdonate la mia brutalità. Io lo dico e lo penso, anche se poi, al fondo delle cose, vorrei che mai si facesse a qualcuno, neppure al più feroce degli assassini. Dico e penso che certe teste nelle quali “scatta qualcosa”, magari suggerita, quella qualcosa che fa uccidere, andrebbero tagliate.

I commenti sono chiusi.