IL CORSIVO – Cara, generosa Mamma Rai…
La notizia, certamente buona, è che il canone Rai passerà da 90 a 70 euro. Lo ha deciso il governo con la manovra approvata martedì. Per carità, nessuno risolve i problemi di bilancio familiare con il taglio di 20 euro in bolletta. Ma è un segnale, chiamiamolo pure così, di attenzione, di certo gradito nel generale aumento dei prezzi d’ogni cosa, soprattutto delle cose di cui nessuno di noi riesce a comprendere quale sia la ragionevole causa del rincaro. Boh!
Non è per profittare della “generosità” dimostrata da questo governo, ci mancherebbe, ma una domanda s’impone spontanea: quei 20 euro di “sconto” sono proprio il massimo sforzo che si poteva fare? La Rai incassa con il canone ben 1,8 miliardi di euro. È una montagna di soldi. Sicuro che se si abbassa ulteriormente il fitto di “tele-visione” ci ritroviamo i dipendenti Rai – dirigenti, giornalisti, tecnici, personale ausiliario e nullafacenti – davanti alle nostre case con le mani tese a chiederci l’obolo?
Okay, è ragionevole: la Rai è servizio pubblico, ha un costo cui far fronte, e i contribuenti si chiamano così perché “devono” contribuire. Di grazia, però, è lecito sapere in base a quale principio costituzionale, etico, morale, un servizio pubblico debba essere pagato dai cittadini anche quando diventa – ed accade assai spesso – servizio privato camuffato a sostegno di questo o quel partito, di questo o quel leader o corrente o gruppo politico?
Di grazia ancora, è possibile sapere perché la Rai deve pagare profumatamente, sempre con i soldi dei contribuenti, opinionisti sfacciatamente di parte? Dice Pierino: “Ma ci sono quelli di destra, di centro e di sinistra, di sotto e di sopra, di dentro e di fuori: è il pluralismo delle opinioni”.
Non fila. Decisamente non fila, caro Pierino. Non perché non debba esserci pluralismo di opinioni: ci mancherebbe. Non fila che le opinioni debbano essere pagate con i soldi dei contribuenti attraverso il canone.
Esempio: tizio è un contribuente che vota a sinistra. Perché deve ascoltare un opinionista che più che esprimere una opinione “vergin di servo encomio” fa spudoratamente propaganda politica per questo, quello o l’altro partito, corrente, gruppo, sottogruppo o solista che sia? Pierino insiste: “Ma se tu, simpatizzante di sinistra non vuoi ascoltare un opinionista che sponsorizza la destra, non è un dramma: cambi canale e il problema è risolto”.
Non è così, non fila, Pierino: è vero che puoi cambiare canale come e quando vuoi, ma il canone Rai lo paghi lo stesso. Chiaro il concetto?
Per non parlare, in conclusione, di certi contratti favolosi che la Rai ha fatto e continua a fare, senza badare a spese e con il rischio che il beneficiato ti sbatta anche la porta in faccia se ti permetti di contestargli lo spudorato uso politico che fa del servizio pubblico, ancora e sempre sotto la foglia di fico del pluralismo dell’informazione. E senza contare – altra storia disdicevole – la presenza pagatissima nel servizio pubblico, naturalmente per grazia ricevuta, di qualche ex parlamentare che sta al giornalismo come la notte sta al giorno (miracoli del familismo).
In ogni caso, grazie per lo sconto di 20 euro sul canone, cara Mamma Rai.
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