IL CORSIVO – L’Inps e la “colpa” di vivere a lungo
Per l’importanza che il tema riveste, vi propongo la notizia in versione integrale, così come riportata dal Corriere della Sera (Redazione Economia) prima di chiosarla. Eccola.
“C’è uno studio dell’Inps che punta a perequare gli assegni pensionistici alla speranza di vita dei lavoratori. In sintesi, a prevedere assegni più bassi per chi vive di più. A quei lavoratori che, per impiego svolto e regione di residenza, hanno una aspettativa di vita più alta rispetto ad altri meno fortunati. Lo studio è stato sintetizzato dal Messaggero e potrebbe approdare anche sul tavolo del governo nell’ambito della riforma previdenziale a cui si sta da tempo lavorando. Per dirla con l’Inps, si tratta di una ingiustizia del sistema. In sostanza, pagare le pensioni senza tenere conto che i meno abbienti hanno una speranza di vita più breve è meno equo e avvantaggia solo i più ricchi”.
Fin qui il virgolettato della notizia, o meglio dell’interpretazione dello studio Inps sintetizzato dal Messaggero.
Ora, con tutto il rispetto per gli esperti dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, nonché per gli autorevoli commentatori che hanno spiegato ed enfatizzato il “sentimento” di giustizia che ispira le conclusioni Inps, a me pare che ci sia un eccesso di “Robinhoodismo” nella lettura che si dà allo studio in parola, e che invece si marginalizzi la necessità “del ragionevole dubbio” rispetto ad un argomento così complesso e delicato.
Sicché, un po’ per celio e un po’ per contrappasso, utilizzando un efficacissimo sostantivo del vernacolo napoletano, a me pare che l’Inps abbia messo parecchia “cazzimma” nelle conclusioni cui è giunta, se le conclusioni sono effettivamente quelle che abbiamo letto nella narrazione testé riportata.
Per essere più esplicito, a me pare che nelle vesti di un novello e strano Robin Hood – abbassare la pensione ai ricchi perché vivono più a lungo dei poveri – l’Inps non sia molto convincente. Intanto perché si muore con la stessa “facilità” sia avendo in banca tanti soldi che quattro spiccioli, e poi perché nel caso in questione non è che si tolga ai ricchi per darlo ai poveri. Eccola qui la “cazzimma”: al fondo delle cose, se si abbassano progressivamente le pensioni ai presunti “benestanti” (anche in salute), il risparmio resta all’Inps.
Insomma, giusto per esasperare un tantino il concetto, sembra di capire che, per le logiche economicistiche dell’Inps, quando si va in pensione sarebbe giusto e forse addirittura bello crepare il prima possibile.
Magari l’Inps non ha mai pensato e mai penserà così cinicamente. Tuttavia, a pensar male, come diceva la buonanima, qualche volta ci si azzecca. Perciò, pensionati di oggi e pensionati di domani, quando andate a ritirare il sudato assegno, se non ve lo accreditano direttamente in banca, lasciatevi andare ad un furtivo scongiuro… Non si sa mai!
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