IL CORSIVO – Non ripetiamo gli errori: Attenti al Covid!

Perdonate la digressione personale.
Non c’è bisogno che qualcuno dei miei tanti cari amici mi ricordi, come – ahimè! – sta accadendo, che sono ipocondriaco. E che, avanzando l’età, aumenta anche il grado di “distorsione” interpretativa dei sintomi di malattie che non ho, specie in contesti epidemici e pandemici come quelli che abbiamo vissuto con il Covid. Sono consapevole dei miei limiti in tal senso e posso garantire, a prova “d’onore”, che ne tengo conto specie quando per mestiere, come in questo caso, esprimo pubblicamente il mio punto di vista.
Mi sia consentito di ricordare, tuttavia, d’essere stato tra i pochissimi giornalisti, qualche settimana fa, a rivolgere l’attenzione verso il Covid “di ritorno”. Non sono un esperto in materia, tutt’altro. Ma non bisogna essere virologi, infettivologi, medici di famiglia od anche soltanto infermieri per capire l’aria che tira: basta leggere in trasparenza qualche dato pubblicato nelle pagine interne dei giornali e può riuscire facile intuire ciò che potrebbe accadere nei tempi brevi.
Un paio di settimane fa, dopo mesi di assoluto silenzio, nemmeno un rigo di cronaca, è ricomparsa la parola “Covid”: così, apparentemente per caso. Nessun allarme. Anzi. Qualche scienziato si è affrettato a spiegare che le poche centinaia di tamponi positivi registrati non meritavano alcuna considerazione. Il Covid andava visto e vissuto come un normalissimo e banale stato influenzale. A supporto di questa “certezza” veniva sostenuta la circostanza che non c’erano ricoveri e men che meno decessi, manco occasionali.
Mi permisi di scrivere, in quella occasione, che dopo le figuracce per le previsioni “fake” accumulate durate la pandemia sarebbe stata cosa buona e giusta, da parte degli scienziati o presunti tali, starsene religiosamente zitti. Perdonate l’auto-citazione, eravamo stati – come si dice – facili profeti: ipocondriaci, ma non visionari nell’accezione negativa del termine.
Presto detto perché. La Fondazione Gimbe, notoriamente molto prestigiosa, ha ripreso a pubblicare i bollettini Covid, non più quotidiani come prima (almeno per ora) ma settimanali. La notizia essenziale, però, non è questa. La notizia vera è nei dati del primo bollettino. Eccoli in rapida sintesi e, naturalmente, riferiti all’Italia.
“In quattro settimane salgono i casi Covid, da 5.889 a 30.777; i ricoveri in area medica sono più che triplicati, da 697 a 2.378, e c’è un incremento dei decessi da 44 a 99. Il tasso di positività dei tamponi è salito da 6,4% a 14,9%”.
Facciamola breve. Significa che dobbiamo allarmarci, chiuderci in casa, metterci a pregare o a fare scongiuri a seconda delle proprie convinzioni religiose o superstizioni che siano? Assolutamente niente di tutto ciò. Forse sarebbe di buon senso, per non dire di opportuna prudenza, però, se le autorità sanitarie – da quelle governative alle regionali alle locali – si attrezzassero per dare puntuale e seria comunicazione di quanto accade. Tenere la testa sotto la sabbia, immaginando di esorcizzare così ogni avversa eventualità, sarebbe non soltanto omissivo, ma anche un incentivo alla irresponsabilità dei comportamenti individuali e collettivi che ha inciso in larga misura sulla diffusione del Virus durante la pandemia, con il conseguente altissimo numero di vite umane che abbiamo dovuto perdere.

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