Carlo Gesualdo spiegato ai bambini tra sogni, pennelli e laboratori
– di Mirella Napodano –
Eravamo nel mese di aprile 2013, esattamente a 400 anni dalla morte di Carlo Gesualdo. Intorno a noi fervevano le iniziative culturali per celebrare l’avvenimento in Irpinia e nel mondo: convegni, concerti, mostre, conferenze…Un giorno ero con Orsola Fraternali a discutere della necessità di coinvolgere i ragazzini delle scuole cittadine nella conoscenza di questo grande madrigalista, per farli entrare a pieno titolo nell’identità culturale locale, ma come fare? Dovevamo cercare una soluzione didattica idonea a far loro percepire una tematica così complessa in età precoce.
Non era la prima volta che mi ponevo il problema psico-pedagogico della precocizzazione degli apprendimenti: da docente avevo già fatto un’esperienza di significativa collaborazione scientifica con il prof. Renzo Titone dell’Università ‘La Sapienza’ sull’apprendimento precoce delle lingue straniere nella scuola elementare, in preparazione dei programmi Fassino-Laeng promulgati nell’85. Perciò non nutrivo dubbi sulla portata universale dell’intuizione espressa da Comenio con l’elegante quanto laconica frase: omnes omnia docere. Il concetto che tutto sia insegnabile a tutti è stato ripreso e sviluppato in tempi a noi più vicini – con motivazioni scientificamente giustificate – da Jerome Bruner, per il quale “non è mai troppo presto per introdurre l’alunno nel mondo del sapere.” Insomma, bisogna convincersi che si può insegnare qualunque cosa in forma intellettualmente onesta a tutte le età, perché ogni idea può essere tradotta in modo corretto e utile anche nelle forme di pensiero concreto del fanciullo di età prescolastica. Peraltro, quelle prime anticipazioni sono destinate ad essere in seguito riprese, approfondite e meglio precisate.
Scriveva Bruner: “Ricordo che una mia insegnante – si chiamava miss Orcutt – in classe fece questa affermazione: “Quel che riesce veramente difficile capire non è che l’acqua si trasformi in ghiaccio a 32 gradi Fahrenheit, ma perché debba passare dallo stadio liquido a quello solido”. Poi proseguì fornendo una spiegazione e lo fece manifestando un senso di stupore che assecondava e, anzi, migliorava quello che io a quell’età (avevo circa dieci anni) già avvertivo. In sostanza, quell’insegnante mi invitava ad ampliare il mondo dei miei stupori fino a comprendere il suo. Non si limitava ad informarmi, ma, al contrario, cercava di concordare con me, di negoziare, quale fosse il mondo della meraviglia e della possibilità. Molecole, solidi, liquidi e movimento non erano per lei soltanto dei fatti, bensì strumenti per sollecitare la riflessione e l’immaginazione. Miss Orcutt era una persona rara; non era un mezzo di trasmissione di conoscenze, ma un evento umano.” Giusto: stupirsi. Uscire dalla caverna platonica degli stereotipi e librarsi in quell’aria meravigliosa che è l’inizio della conoscenza è un’emozione primordiale che conduce all’apprendimento e ne sostiene lo sforzo. L’emozione della meraviglia sta alla base della didattica laboratoriale e naturalmente ne feci uso a larghe mani per avvicinare i giovanissimi alunni – che mi conoscevano quasi esclusivamente nel ruolo non sempre attraente di dirigente scolastica – alla gigantesca, poliedrica figura del Principe dei musici. Considerata poi la giovanissima età dei partecipanti, realizzai quanto fosse indispensabile utilizzare il linguaggio grafico a supporto di quello verbale e musicale.
In quest’avventura, mi trovavo a dover coinvolgere una quinta elementare del II Circolo Didattico di Avellino, plesso “C. Colombo” guidati dal docente Alberto D’Angelo, insieme ad un gruppo di studenti di seconda classe della Scuola Media “Leonardo da Vinci”, al seguito di un team di docenti curriculari. Presi quindi subito la risoluzione di utilizzare come occasione e strumento di meraviglia un laboratorio di ‘distensione psichica con supporto musicale’ per i più piccoli. Questi – in tuta da ginnastica, distesi per terra ad occhi chiusi nella Sala Danza del teatro Gesualdo di Avellino con la consegna della massima concentrazione – furono invitati ad ascoltare due brani tratti da Tenebrae responsoria del Sabbato Sancto a sei voci: Ierusalem, surge e Plange quasi virgo. I brani erano contenuti nella raccolta ‘Amore contraffatto’ curata dal M° Gianvincenzo Cresta e interpretati dall’Ensemble Solistes XXI diretto da Rachid Safir (registrazione effettuata nel 2012 all’IRCAM presso il Centre Pompidou di Parigi). I ragazzini, per niente intimoriti ma profondamente compresi dalla struggente bellezza dei suoni e dalle modalità inconsuete dell’ascolto, furono poi invitati a dipingere o a descrivere liberamente in forma discorsiva i pensieri e i sogni che la musica aveva suscitato in loro. Nel cartaceo documentale dei laboratori in mio possesso si possono agevolmente rilevare molte tracce di pensieri originali dovuti alla genuina riflessione infantile.
Gli studenti di seconda media, invece, parteciparono al laboratorio di Filosofia Dialogica dall’allusivo, autoironico titolo “Siamo…in pensiero” sulla figura di Carlo Gesualdo, con interventi di contemporary paint a cura del pittore avellinese Giovanni Spiniello, svolti in forma interattiva durante la discussione. Devo dire che l’artista fu grandioso nel provocare lo stupore della creazione pittorica nei ragazzi, che si dedicarono alla performance iconica con assoluta serietà e partecipazione, mentre altri compagni disputavano animatamente tra loro e con me sulle sensazioni provocate dalle tonalità insolite dei madrigalisti e sulla singolare biografia di questo principe atipico, che preferiva dedicarsi alla musica e alla penitenza piuttosto che al divertimento o alla gestione dei suoi sconfinati possedimenti. Di entrambi i laboratori posseggo sia la documentazione cartacea che quella digitale. I video relativi a questa esperienza filosofica, che potremmo inquadrare in una sorgiva e germinale didattica dell’arte, sono visibili sul mio canale Youtube.
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