IL CORSIVO – Renzi e Calenda, due talenti sprecati
Tra Carlo Calenda e Matteo Renzi l’addio è vicino. Preso atto del totale fallimento del progetto di Terzo Polo, i leader – rispettivamente – di Azione e Italia viva hanno deciso di separarsi per sempre, consensualmente e senza rimpianti.
Una volta, quando la Politica era una cosa seria, se falliva un progetto molto ambizioso, come quello agognato da Carlo e Matteo, i protagonisti dell’avventura finita in sventura si facevano da parte e lasciavano il campo ad altri.
Non è così per Calenda e Renzi. Sia l’uno che l’altro sono campioni d’Egolatria. Tutt’e due, ex aequo, sono convinti che l’Italia va in rovina se loro lasciano la scena politica. Sicché, eccoli qui bell’ e pronti a ricominciare con due nuove imprese individuali che hanno elevate probabilità di scontare la stessa sorte di quella comune appena finita.
Il bollettino aggiornato a ieri. Matteo ha annunciato che il 9 settembre sancirà il divorzio da Azione. Non per dedicarsi al mestiere maggiormente amato, che è quello di fare soldi sfruttando le sue doti di “Conferenziere politico”. Bensì per costruire un nuovo (?) contenitore del suo Pensiero chiamato, non proprio originalmente, “Centro”. Cosa voglia metterci dentro è addirittura scontato: il suo “Pensiero politico”, appunto. Né più né meno che quello già espresso quando era leader del Pd, poi confermato quando ha fondato Italia viva, ed ancora ribadito quando si è unito e poi scazzato con Calenda.
In ciò, bisogna convenire: Matteo – al pari di Carlo, non un poco di più, non un poco di meno – è coerente che di pù non si potrebbe: egli è convintissimo che la Grande Bellezza del suo Pensiero sia di essere, allo stesso tempo, Democratico e Unico. Oltre che dogmaticamente Infallibile, va da sé.
Manco avesse approfondito e vivisezionato (ma non ben compreso) il concetto di Convergenze Parallele teorizzato dal Grande (Grande davvero!) Aldo Moro, Carlo Calenda intende fare esattamente la stessa cosa immaginata da Matteo Renzi: un contenitore, sempre di Centro, per calarci dentro riformisti, liberali e popolari. Tutti insieme, gioiosamente, epperò alla medesima condizione del Pensiero Democratico e allo stesso tempo Unico ch’è nella testa di Renzi. Insomma, cambiano i Pensatori, ma la “capa” quella è e quella rimane.
La domanda, a questo punto, nasce spontanea. Non avrebbero fatto meglio Matteo e Carlo, con un tantino di saggezza in più, a restare nel Partito Democratico e contribuire a farlo grande offrendo le rispettive capacità politiche e competenze istituzionali decisamente alte? Vale ricordare, solo a mo’ d’esempio, che la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista furono due grandissime forze popolari perché uomini di straordinario spessore culturale e politico, di certo ben più attrezzati dei leader di Italia viva e Azione, seppero salvaguardare la Democrazia del Pensiero mettendola al servizio dei rispettivi partiti.
Ma tant’è: se avessero fatto diversamente da come hanno fatto, Renzi e Calenda non sarebbero stati quelli che sono, ossia due belle intelligenze politiche sacrificate sull’altare dell’Egolatria.
Una volta, quando la Politica era una cosa seria, se falliva un progetto molto ambizioso, come quello agognato da Carlo e Matteo, i protagonisti dell’avventura finita in sventura si facevano da parte e lasciavano il campo ad altri.
Non è così per Calenda e Renzi. Sia l’uno che l’altro sono campioni d’Egolatria. Tutt’e due, ex aequo, sono convinti che l’Italia va in rovina se loro lasciano la scena politica. Sicché, eccoli qui bell’ e pronti a ricominciare con due nuove imprese individuali che hanno elevate probabilità di scontare la stessa sorte di quella comune appena finita.
Il bollettino aggiornato a ieri. Matteo ha annunciato che il 9 settembre sancirà il divorzio da Azione. Non per dedicarsi al mestiere maggiormente amato, che è quello di fare soldi sfruttando le sue doti di “Conferenziere politico”. Bensì per costruire un nuovo (?) contenitore del suo Pensiero chiamato, non proprio originalmente, “Centro”. Cosa voglia metterci dentro è addirittura scontato: il suo “Pensiero politico”, appunto. Né più né meno che quello già espresso quando era leader del Pd, poi confermato quando ha fondato Italia viva, ed ancora ribadito quando si è unito e poi scazzato con Calenda.
In ciò, bisogna convenire: Matteo – al pari di Carlo, non un poco di più, non un poco di meno – è coerente che di pù non si potrebbe: egli è convintissimo che la Grande Bellezza del suo Pensiero sia di essere, allo stesso tempo, Democratico e Unico. Oltre che dogmaticamente Infallibile, va da sé.
Manco avesse approfondito e vivisezionato (ma non ben compreso) il concetto di Convergenze Parallele teorizzato dal Grande (Grande davvero!) Aldo Moro, Carlo Calenda intende fare esattamente la stessa cosa immaginata da Matteo Renzi: un contenitore, sempre di Centro, per calarci dentro riformisti, liberali e popolari. Tutti insieme, gioiosamente, epperò alla medesima condizione del Pensiero Democratico e allo stesso tempo Unico ch’è nella testa di Renzi. Insomma, cambiano i Pensatori, ma la “capa” quella è e quella rimane.
La domanda, a questo punto, nasce spontanea. Non avrebbero fatto meglio Matteo e Carlo, con un tantino di saggezza in più, a restare nel Partito Democratico e contribuire a farlo grande offrendo le rispettive capacità politiche e competenze istituzionali decisamente alte? Vale ricordare, solo a mo’ d’esempio, che la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista furono due grandissime forze popolari perché uomini di straordinario spessore culturale e politico, di certo ben più attrezzati dei leader di Italia viva e Azione, seppero salvaguardare la Democrazia del Pensiero mettendola al servizio dei rispettivi partiti.
Ma tant’è: se avessero fatto diversamente da come hanno fatto, Renzi e Calenda non sarebbero stati quelli che sono, ossia due belle intelligenze politiche sacrificate sull’altare dell’Egolatria.
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