IL CORSIVO – Molestie sessuali, un’altra strana assoluzione
La denuncia di una ragazza di venti anni viene raccolta a Roma dal Pm Antonio Calaresu nel 2021.
Lei lavora in un museo della Capitale da gennaio 2019. Racconta che nell’aprile dello stesso anno un suo dirigente comincia a farle delle avance usando un linguaggio decisamente osceno. Nel secondo episodio l’uomo non si ferma alle parole. La blocca in un angolo e la palpeggia ai fianchi, alla schiena e alla pancia. E poi c’è una terza volta e una quarta e una quinta. La ragazza riferisce tutto alle colleghe. Le quali, però, al processo l’abbandonano. Davanti ai giudici resta la parola di lei contro quella del dirigente, che oltre a negare tutto arriva ad accusare la ragazza d’essersi infatuata di lui e di essere da lui sessualmente attratta.
Si giunge alla sentenza. Il collegio é presieduto dallo stesso giudice donna che recentemente ha assolto il bidello – ricordate? – che aveva palpeggiato una studentessa ma “soltanto per 5-10 secondi”.
Altrettanto stupefacente la motivazione della sentenza di assoluzione emessa nei confronti del dirigente del museo. Leggete: “Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte, non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”.
Cosa dire? Secondo una certa scuola di pensiero le sentenze non si commentano. Sará giusto così. Ma intanto che facciamo: dopo il bidello che palpeggia ma solo un po’ e viene assolto e poco ci manca che gli danno anche il premio; e dopo il dirigente del museo che si fa passare per irresistibile Adone o per Siffredi, scegliete voi, e pure qui chi s’è visto s’è visto alla faccia di una indifesa ventenne, dobbiamo attendere la terza coincidenza per poter parlare almeno di un mezzo indizio di ragionevole dubbio?
Per ora ci sono due notizie a mio avviso ottime: la prima è che la sentenza favorevole al dirigente del museo é stata appellata; la seconda è che quel dirigente del museo é stato licenziato.
Lei lavora in un museo della Capitale da gennaio 2019. Racconta che nell’aprile dello stesso anno un suo dirigente comincia a farle delle avance usando un linguaggio decisamente osceno. Nel secondo episodio l’uomo non si ferma alle parole. La blocca in un angolo e la palpeggia ai fianchi, alla schiena e alla pancia. E poi c’è una terza volta e una quarta e una quinta. La ragazza riferisce tutto alle colleghe. Le quali, però, al processo l’abbandonano. Davanti ai giudici resta la parola di lei contro quella del dirigente, che oltre a negare tutto arriva ad accusare la ragazza d’essersi infatuata di lui e di essere da lui sessualmente attratta.
Si giunge alla sentenza. Il collegio é presieduto dallo stesso giudice donna che recentemente ha assolto il bidello – ricordate? – che aveva palpeggiato una studentessa ma “soltanto per 5-10 secondi”.
Altrettanto stupefacente la motivazione della sentenza di assoluzione emessa nei confronti del dirigente del museo. Leggete: “Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte, non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”.
Cosa dire? Secondo una certa scuola di pensiero le sentenze non si commentano. Sará giusto così. Ma intanto che facciamo: dopo il bidello che palpeggia ma solo un po’ e viene assolto e poco ci manca che gli danno anche il premio; e dopo il dirigente del museo che si fa passare per irresistibile Adone o per Siffredi, scegliete voi, e pure qui chi s’è visto s’è visto alla faccia di una indifesa ventenne, dobbiamo attendere la terza coincidenza per poter parlare almeno di un mezzo indizio di ragionevole dubbio?
Per ora ci sono due notizie a mio avviso ottime: la prima è che la sentenza favorevole al dirigente del museo é stata appellata; la seconda è che quel dirigente del museo é stato licenziato.
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