IL CORSIVO – SALVINI E LA PACE FISCALE
Ma perché continuiamo a guardare disgustati il ministro e vicepremier Salvini quando dice e insiste fino alla noia che vuole la “Pace fiscale”? In fondo, cosa dice di male? La Pace è un bene a prescindere. E poi: perché, prima di tranciare i nostri giudizi inappellabili nei confronti del secondo Matteo nazionale (il primo resta lui, l’inarrivabile Renzi!) rifiutiamo di sforzarci anche meno del minimo sindacale per tentare, se non di comprendere, almeno di ascoltare le sue ragioni?
Conosco bene la risposta, presuntuosa e spocchiosa, di tutti noi: “Salvini non ragiona, lui chiacchiera, e le chiacchiere stanno a zero”.
Dissento. Da tutti. A cominciare da me stesso. Non è vero che il ministro delle Infrastrutture non ragiona. Avrà pure – ma chi non le ha? – le sue strane, si scusi il bisticcio, sovrastrutture mentali, un tantino appesantite da quelle specificamente ideologiche. Ma altro è sostenere in via di principio, per partito preso, ch’egli non ragioni.
È ironia, la mia? È sarcasmo? Ma no! Un esempio ad hoc della logica di Salvini. Egli ha ragionato a lungo sul profilo genetico degli italiani. Ed ha scoperto – evento sorprendente – che nella nostra genìa non c’è soltanto il riscontro all’esaltazione celebrativa mussoliniana degli italiani “Popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”. Ragiona oggi e ragiona domani, dall’alto delle sue naturali capacità intuitive e analitiche, Salvini ha appurato che molti, troppi italiani costituiscono un sottoinsieme di popolo che la crudele burocrazia fiscale ha confinato sprezzantemente nella definizione di “Evasori”.
Eccolo qui, dunque – altro che non ragiona! – il percorso logico-matematico-politico-elettoralistico del ministro leghista: “Gli evasori, in Italia, sono milioni. Se tanto mi dà tanto, la Pace Fiscale, una volta volgarmente detta ‘condono’, in termini di voti dovrebbe rendermi almeno un 30 per cento del numero di contribuenti infedeli. Piatto ricco, mi ci ficco!”.
Suvvia, riconosciamolo: la lucidità politico-fiscale di Salvini è indubitabile. Ciò che guasta, che indispettisce, che fa specie, insomma che ci fa guardare opportunamente disgustati alla proposta del ministro e vicepremier è la sua meraviglia nel vederci, appunto, schifati.
La spiegazione semplice, elementare, immediata, plastica di tanto schifo è nella saggezza delle poche parole pronunciate dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini: “La lotta ai cittadini disonesti non si fa per la volontà di perseguitare qualcuno, ma per una questione di giustizia nei confronti di chi le tasse le paga”. Riesce a capire, Salvini, come stanno le cose? Se proprio non ce la fa, avrebbe un dovere: rintracciare la sua maestra delle elementari e rimproverarla per omissione di soccorso didattico.
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