IL CORSIVO – Berlusconi, la Giustizia e la verità (incompleta) di D’Alema
Al di fuori, ma soprattutto infinitamente al di sopra, di certe polemiche crudeli, giudizi improbabilmente “divini”, odi ideologici inguaribili e moralismi di dubbia verginità, c’è su Berlusconi un’intervista a Massimo D’Alema, raccolta dal bravissimo Tommaso Labate per il Corriere della Sera, che andrebbe letta con grande attenzione, perché fornisce una chiave interpretativa del politico (e dell’uomo) Berlusconi molto vicina all’affidabilità.
Tra le tante questioni affrontate, a me è parsa paradigmatica della complessa realtà politica con cui il Paese è chiamato a fare i conti quella relativa al rapporto del compianto leader di Forza Italia ed ex Presidente del Consiglio con la giustizia.
Labate domanda: “Secondo lei, Berlusconi ha avuto qualche ragione nel ritenersi perseguitato da alcuni giudici?”.
La risposta di D’Alema: “Probabilmente sì. Ma credo che Berlusconi abbia sollevato un problema reale declinandolo nel modo sbagliato. E cioè interpretandolo come se ci fosse il complotto dei magistrati di sinistra contro di lui. In realtà quello che si era determinato nel nostro Paese era stato uno squilibrio nei rapporti tra poteri dello Stato, questa è la verità. L’indebolimento del sistema dei partiti ha lasciato campo a una crescita del potere ‘politico’ della magistratura, che si è arrogata il compito di fare qualcosa di più che perseguire i reati, come per esempio vigilare sull’etica pubblica e promuovere il ricambio della classe dirigente. Il tema era il riequilibrio, non il complotto contro Berlusconi. E alla fine quel suo scontro con i giudici ha creato un clima nel quale non è stato possibile fare nessuna riforma”.
L’analisi di D’Alema apparentemente non fa una grinza. C’è però in essa una “omissione” che mi è difficile immaginare involontaria, considerata l’intelligenza politica di uno che è stato tra i più prestigiosi rappresentanti della sinistra italiana, e parliamo di quando la sinistra contava e tanto più. L’omissione è che lo scontro tra Berlusconi e i giudici (non solo le Procure) ha di fatto politicamente favorito proprio la sinistra (o il centrosinistra, se si preferisce). Accade, tuttavia, che nemmeno quando Berlusconi perde il potere, e viene addirittura emarginato sul piano istituzionale, il sinistra-centro (più corretto individuarlo così) comunque non riesce a fare uno straccio di riforma. E, invero, l’unico effetto che anni dopo sortisce (siamo al 2018) è di consegnare il Paese nelle mani del M5S e della Lega, con tutti i disastri che ne sono seguiti.
Va aggiunto che oggi, anche per effetto di qualche scandalo di troppo all’interno della magistratura, il riequilibrio tra i poteri, seppure lentamente, si va realizzando. Per dirla con leggerezza, pare che ai giudici non interessi più di tanto ambire al potere (abusivo) di promuovere il ricambio della classe dirigente. Forse questo merito – almeno post mortem – andrebbe ascritto in buona parte proprio all’ex tre volte Presidente del Consiglio, anche se D’Alema dice cosa verissima quando afferma che il problema reale, in quegli anni, non era il complotto dei giudici contro Berlusconi ma la volontà dei magistrati, una parte carismatica e potente di essi, di governare la politica.
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