Cose di Atripalda
Anche i lontani “anni quaranta” accoglievano la Piazza Umberto I di Atripalda, con taluni “angoli” sbiaditi nella memoria, ma tuttavia capaci di rimanere ancora presenti, e come se tanto tempo non fosse già passato.
Alcuni di questi “luoghi”, pur se in parte mutati, sopravvivono miracolosamente ancor oggi; ma altri sono scomparsi, cancellati dagli inevitabili interventi innovativi che la piazza ha subito, forse per il progresso o solo per modifiche e miglioramenti.
Ricordo, ai limiti di quel piazzale, un “palo illuminante”, tutto verniciato in argento, con tre bracci ricamati e curvilinei, che alle estremità reggevano altrettante lampade contenute in globi, contornato alla base da due giri di scalini in pietra.
In verità, non lo abbiamo mai visto acceso, ma tuttavia la sua sagoma piaceva a noi Atripaldesi ed era sufficiente per farcene compiacere.
Lo avevamo anche adibito a punti d’arrivo delle nostre ripetute passeggiate sulla piazza. Ma oggi non l’abbiamo più.
Ricordo anche, nell’opposto versante, quelle due vasche semicircolari, spesso colme d’acqua, accostate al largo dei tigli esistenti all’epoca e ubicate ai due lati della piccola e caratteristica ”casa del Dazio”.
Ma anche queste cose sono state poi travolte dal divenire della realtà.
Resiste, invece, per fortuna del Paese, il suo monumento ai Caduti, troneggiante da sempre nell’area centrale della stessa Piazza, ammirazione e vanto di noi tutti.
Sulla sommità, un Fante, con un braccio teso, impugna un’arma, intrepidamente, e con l’altro sorregge, generosamente, un milite semicoperto da un vessillo.
È sempre stato, per noi, emblema di eroismo, coraggio, gloria; con erette, ai lati, due solenni statue di metallo bronzeo ed impressa sul fronte una scritta: “Altissimo premio: La Patria benedicente. Primi nell’esaltazione. Generosi nell’offerta. I fratelli d’oltre oceano. 1915-1918”; commovente attestazione di amore e di solidarietà.
E, nel giardinetto circostante, i resti di oggetti di guerra (contenitori vuoti di esplodenti e persino una vecchia mitragliatrice, posizionata sul fronte), nonché una lampada votiva posta ad accrescere la solennità del complesso celebrativo, piante ornamentali agli angoli; il tutto circondato da una recinzione metallica.
Sullo sfondo, in alto, era visibile l’immagine (indimenticabile) dell’austero Convento-Chiesa di San Pasquale, che vegliava sulla nostra piazza.
Soltanto qualche vecchia e rara cartolina conserva inalterata l’intera visione dei luoghi con le sue cose, divenute sacre; ma essa è, in buona parte, mutata nell’attualità, non certo con l’entusiasmo di noi vecchi (e sempre meno numerosi) compaesani superstiti, irriducibili depositari del bel ricordo.
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