Atripalda – Il pane con la “tessera”
Del pane si è sempre detto ”profumo della mensa”; lo si è elevato a simbolo di giusta rivendicazione contenuta nel binomio “pane e lavoro”; e lo si è esaltato, quale premio della fatica umana, affermando “guadagnarsi il pane”.
Una focaccia molto simile a quella di grano, nell’antico diritto romano, veniva spartita tra i nubendi per celebrare solennemente le loro nozze (“confarreatio”).
Persino la carità, chiesta o elargita, ha sempre avuto come simbolico oggetto “un tozzo di pane”.
Ma non avevamo sperimentato, prima dell’ultima guerra mondiale, anche la triste novità del cosiddetto “pane con la tessera”, vigente, ovviamente, anche ad Atripalda.
Non era un fatto simbolico, bensì reale e consisteva, come molti sanno, nel razionamento (fortunatamente durato poco) anche del pane, oltre ad altri generi alimentari di prima necessità.
Tale misura fu resa necessaria dalle ristrettezze estreme del momento ed attuata attraverso la disponibilità di apposita tessera annonaria.
Munita di tagliandini quadrati, con la cui utilizzazione si poteva acquistare solo una limitata quantità del cibo occorrente.
Ricordo lo sforzo ed il sacrificio delle mamme, prese nel dilemma di non far mancare almeno l’essenziale ai componenti della loro famiglia e la “pochezza” dei viveri disponibili in base a quella preziosa tessera.
Soltanto il nume tutelare della mamma di famiglia poteva riuscire, con evidente miracolo domestico esclusivamente a lei possibile, a render sufficiente, in tavola, il desinare per tutti noi.
Erano indubbiamente tempi molto bui, dei quali si sperava ardentemente la fine; ma che, intanto, inducevano al sacrificio nel nostro Paese, sopportato con amore e disciplina degli abitanti; che tuttavia pensavano sempre nell’arrivo di tempi più felici, o, meglio, meno tristi.
Per intanto un “bollino” era simbolo necessario anche per l’ottenimento di un pezzo di pane.
E si doveva sopravvivere con quel poco, assicurato dal razionamento, stranamente diventato in Paese, un fatto che ci eravamo quasi abituati a considerare normale ed accettabile, nonostante la sua oggettiva straordinarietà, a fronte del sopravvenuto ricco benessere della nostra vita attuale.
Ci sono momenti, nell’esistenza di una popolazione, nei quali sembra che essa scandisca il suo tempo con un cuore che batte a fatica, ma che tuttavia non voglia fermarsi per un desiderio di sopravvivenza destinata a vincere la sua lotta contro le avversità delle vicende umane.
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