Berlusconi, Cicerone e Catilina

Sarebbe il caso di dire, scherzandoci su, che Silvio Berlusconi una ne pensa e mille ne fa; che ci ha abituati ai suoi, chiamiamoli bonariamente così, festini politici, per cui sarebbe preferibile liquidare tutto con una salutare risata, come quando racconta gustose barzellette, e farla finire qui. Tuttavia, trattandosi di problemi di politica estera troppo seri e molto gravi per l’immagine stessa del governo italiano, ed ancor più per l’immagine del nostro Paese a prescindere da chi lo governa, qualunque ne sia il colore, proviamo a raccontarci come stanno effettivamente le cose e dopo ciascuno si fa l’opinione che più gli aggrada.
Si tratta dell’Ucraina invasa da Putin, dell’Ucraina sul cui campo di battaglia si sono già contati alcune centinaia di migliaia di morti ed altrettanti se ne conteranno se il criminale Putin non si ritira in buon ordine dentro i confini dell’incolpevole comunità russa; si tratta dell’Ucraina invasa dallo straniero; dell’Ucraina che può diventare il fuoco di scoppio della Terza Guerra Mondiale, o al minimo, bene che vada, il precedente devastante della condizione per cui un Putin qualsiasi può violare la sovranità di un qualsiasi Stato libero, mettiamo l’Italia, mentre il mondo se ne sta indifferentemente a guardare, tutt’al più a balbettare la parola Pace dopo aver inquinato con i se e con i ma la distinzione essenziale e dirimente tra chi è l’aggressore e chi l’aggredito. Cosa che, in buona sostanza, è ciò che fa Silvio Berlusconi con irresponsabile ed impunita disinvoltura.
La riprova arriva da una parte dell’intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera.
La domanda della cronista (Paola Di Caro): “Intanto sulla scena politica continuano a dominare temi cruciali come l’Ucraina, il Pnrr, l’immigrazione. Sulla guerra la sua linea coincide con quella di Meloni o crede sia arrivato il momento di forzare per aprire un dialogo che arrivi ad un cessate il fuoco?”.
La risposta: “Ho sempre detto, e lo ripeto ancora una volta, che la nostra linea non si discosta in alcun modo da quella del governo italiano, dell’Europa, dell’Alleanza atlantica, degli Stati Uniti. Lo abbiamo dimostrato ancora una volta con il voto in Parlamento della scorsa settimana. Questo naturalmente non mi impedisce di sperare dal profondo del cuore che questa tragica guerra si concluda al più presto e che si torni alla ragionevolezza della diplomazia. Ma fino a quando questo non avverrà, la nostra posizione non può che essere con l’Occidente al quale apparteniamo”.
Fin qui la trascrizione letterale della risposta del leader di Forza Italia. Tutto chiaro, coerente e trasparente? Niente affatto. Le parole hanno un peso sempre, sono macigni. E se pesano le parole di oggi del senatore ed ex presidente del Consiglio, pesano anche quelle pronunciate non un decennio o soltanto un anno fa, bensì appena 5 mesi fa (ottobre 2022) e 41 giorni fa (13 febbraio 2023).
È il caso di ricordare più dettagliatamente, allora, che nell’ottobre 2022, nel corso di un incontro con i parlamentari del suo partito, Berlusconi raccontò a modo suo l’invasione dell’Ucraina, ovvero sostenendo che Zelensky era l’aggressore e Putin l’aggredito… E che Putin “voleva solo sostituire Zelensky con un governo di persone perbene”.
È anche il caso di ricordare che in quella stessa occasione Berlusconi tornò a rivendicare la sua irrinunciabile amicizia con Putin – “persona perbene” e “saggia e sensata” – dicendo testualmente: “Putin per il mio compleanno mi ha mandato 20 bottiglie di Vodka e una lettera dolcissima. Io gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e con una lettera altrettanto dolce… Io ero stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici al mondo”.
Così come, della cronaca più recente (13 febbraio 2023, appunto), vale la pena ricordare cosa ha detto Berlusconi del Presidente dell’Ucraina, non a caso alla vigilia dell’incontro di questi con la Premier Giorgia Meloni: “Io a parlare con Zelensky, se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto. Quindi giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo Signore”. Insomma una dichiarazione che, da una parte, conferma il pensiero di fondo del leader di Forza Italia, e cioè che Putin è l’aggredito e Zelensky l’aggressore; dall’altra, sconfessa seccamente la linea della presidente del Consiglio Meloni e quindi la linea del governo italiano, dell’Europa, dell’Alleanza atlantica, degli Stati Uniti, dell’Occidente.
Cosa dire? Sconvolge e sconforta che di fronte a reiterati comportamenti di questa gravità non ci sia almeno un solo parlamentare – dicesi uno – di Forza Italia o della Lega o di Fratelli d’Italia che abbia il coraggio di scomodare Cicerone nell’oltretomba, puntare il dito contro il Signore di Arcore e ripetere: “Fino a quando, Silvio, abuserai della nostra pazienza?… Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?…”.
Tutto qui, Signore e Signori. È così che stanno le cose. È questo, oggi in politica estera, il nostro problema. È un problema di credibilità. E il dramma è che dall’altra parte, nell’area cosiddetta progressista, si riesce a fare perfino peggio di quanto faccia Catilina: pardon, Berlusconi.

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