GIUSEPPE CONTE, UN “COMPROMESSO STORICO” SENZA STORIA

Nessun pregiudizio da parte mia nei confronti del capo 5 Stelle, Giuseppe Conte. Di lui ho piuttosto un giudizio politico decisamente negativo, peraltro più volte dichiarato, che risale a quando – con disinvoltura degna di miglior causa – non si fece scrupolo di presiedere un governo giallorosso dopo averne presieduto uno gialloverde, ovvero di colori rigorosamente contrapposti: una vocazione all’incoerenza, la sua, che ha poi consolidato attraverso le posizioni dirompenti assunte in seno alla maggioranza che sosteneva il governo Draghi, fino a costringere una Personalità serissima, competente e prestigiosa, qual è appunto l’ex presidente della Bce, a rassegnare le dimissioni da Premier essendo venute meno le condizioni di solidarietà politica nazionale per le quali aveva accettato l’incarico conferitogli dal Capo dello Stato.
Nessun pregiudizio, dunque, ma giudizi chiari e documentabili.
Tuttavia, anche per evitarmi la noia di spiegare ancora una volta ai “Signorsì” 5 Stelle perché del loro leader penso tutto il male politico possibile, oggi prendo in prestito alcuni passaggi della nota brillante che gli ha dedicato ieri Monica Guerzoni sul Corriere della Sera. Eccoli.
1) “… Nel 2018, appena approdato a Palazzo Chigi per guidare un governo con la Lega, Conte dichiarò senza falsa modestia di ispirarsi ad Aldo Moro: è il mio modello, disse”.
2) “… Si tratta dello stesso Giuseppe Conte che un mese e mezzo fa inglobava nel suo pantheon il leader più amato dalla sinistra italiana degli ultimi decenni, Enrico Berlinguer. È il 2 febbraio 2023. Conte visita il circolo Cinquestelle di Ostia, posa davanti alla foto del segretario del Pci che sorride in bianco e nero e si fa immortalare mentre tocca il vetro con l’indice della mano destra e dice: Credo che alcune battaglie fondamentali portate avanti da Berlinguer noi stiamo dimostrando con i fatti di portarle avanti”.
3) “Ma tant’è, cinque anni in politica sono un’era geologica, un tempo più che sufficiente per trasformare l’ex presidente del Consiglio che chiudeva i porti in tandem con Salvini nel leader della sinistra più premiato dai sondaggi. Poi però le primarie le ha vinte Elly Schlein e non Stefano Bonaccini, il nuovo Pd è tornato a presidiare quell’area assieme ai legittimi eredi del Pci-Pds-Ds e il già ‘compagno’ Conte, gran maestro nell’arte di farsi concavo e convesso, dal palco avellinese della commemorazione di Gerardo Bianco, tira a lucido la targhetta di ‘cattolico democratico’. E pazienza se nel web continua a rimbalzare un video che immortala Conte al mercato milanese di via Isoppo nel settembre del 2021. Bagno di folla, da popstar, coda per i selfie e una signora che lo acclama: ‘Mi ricorda Berlinguer!’. E lui, senza imbarazzo alcuno: ‘Un confronto che mi onora… Ce la metterò tutta per onorare questo paragone’”.
Brava Guerzoni. Giudizi che sgorgano chiari e ragionati dalla sorgente di fatti inappellabili, non pregiudizi dunque. Un Giuseppe Conte – ex presidente del Consiglio per caso ed altrettanto per caso leader del M5S – che veste con sorprendente e alternante disinvoltura i panni di Moro e Berlinguer: sintesi blasfema – ahi lui! – d’un “Compromesso Storico” privato dell’elemento essenziale, ossia della Storia umana e istituzionale di due Giganti della Politica italiana.

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