LE “NOTE STONATE” DEL FESTIVAL DI SANREMO

Questione di audience. Quindi pubblicità. Quindi soldi.
Festival di Sanremo, edizione 2023. Come ha ben chiosato l’ottimo Federico Vacalebre (Il Mattino di ieri), il conduttore Amadeus merita di essere “incoronato re della Rai”, e tanto in ragione dei risultati di ascolto ottenuti. Un Record dal 1987 ad oggi. Abusando di licenza poetica, potremmo dire addirittura un “Super-Record”, se si consideri che nell’ultimo quarto di secolo, ovvero dalla suddetta data ad oggi, l’offerta televisiva è progressivamente aumentata e migliorata, grazie ad una varietà di programmi decisamente straordinaria.
D’altra parte, la bravura di Amadeus è nei fatti: da quando dalla radio è passato alla tv, non ne ha sbagliata una. Il suo pubblico lo ha conquistato giorno dopo giorno, lavorando sodo, diversificandosi in maniera impeccabile. In particolare nella conduzione degli spettacoli musicali, il settore di sua maggiore competenza, da anni dà il meglio di sé, con una capacità di coinvolgimento dei telespettatori indubitabilmente rara.
Amadeus re della Rai è azzeccato. Ma si può dire altrettanto dei dirigenti dell’intrattenimento Rai 1? Dopo questo Sanremo, si può dire di loro “Reali Rai 1”, “Viva i Reali di Rai 1” senza se e senza ma? Di certo possiamo dire “Bravi i suddetti dirigenti Rai 1” per gli ascolti di Sanremo, quindi Bravi loro per gli incrementi pubblicitari, ergo Bravi loro per la maggiore quantità di soldi fatti incassare a Mamma Rai.
Tuttavia, si può anche dire che Rai 1, servizio pubblico, sia stata – mettiamola così – politicamente, istituzionalmente, eticamente corretta con il Festival di Sanremo?
Io ho qualche dubbio. Ne ho due in particolare.
Il primo riguarda Zelensky. Una vicenda seria. Una di quelle vicende che non si possono trattare, men che meno archiviare, facendo finta di niente oppure con le rituali tante scuse e chi s’è visto s’è visto. Non si può programmare (e far sapere) che nella serata finale del Festival ci sarà un messaggio registrato in video del presidente dell’Ucraina martoriata da Putin, e poi rimangiarsi quasi tutto, ovvero ridurre a “letterina “ il video solo perché – è questa l’incontestabile, amara verità – Salvini (che non ama l’Ucraina, ma gli sta simpatico Putin, bontà sua!) si lascia andare a sostanziali ancorché velate censure preventive, seguito a ruota dal capo del M5S, Giuseppe Conte (che sull’Ucraina ha cambiato umore e posizione e nessuno ne ha capito ancora il motivo!), e seguito infine – udite, udite! – dall’Ad di Mediaset, Piersilvio Berlusconi: il quale non è un banale caso di omonimia, ma il figlio di Berlusconi in persona, di quel papà Berlusconi fondatore di Mediaset, capo di Forza Italia e dichiaratissimo amico di Putin. Tre coincidenze, e via discorrendo, che la mitica Agatha Christie avrebbe di sicuro analizzato con rigore.
Insomma, per farla breve, è bastato un afflato di disappunto dei personaggi testé citati per far decidere ai responsabili dell’Intrattenimento di Rai 1 ciò che hanno deciso nei confronti di Zelensky: una vicenda seria, dannatamente seria, che Lorsignori hanno liquidato facendo finta di niente, anzi peggio: nemmeno le scuse e chi s’è visto s’è visto.
Al riguardo c’è poco da aggiungere alla sostanza del lucidissimo commento (come sempre) di Antonio Polito sul Corsera di ieri: Rai 1 è stata coraggiosa a proporre nel Festival, oltre alla musica, argomenti extra per tutti i gusti, compreso un bel po’ di politica; ma non è stata coraggiosa a sufficienza per non doversi rimangiare la programmazione del video di Zelensky: una vicenda molto seria, dannatamente seria, di quelle – voglio ripeterlo fino alla noia – che non si possono liquidare fingendo che non è accaduto niente.
Il secondo dubbio. Riprendo il concetto del coraggio. Uno, il coraggio, o ce l’ha oppure non ce l’ha. Non se lo può inventare. Manzoni ci racconta che Don Abbondio era praticamente nato senza coraggio. Avesse scritto oggi i Promessi Sposi, magari sotto forma di sceneggiato televisivo per l’intrattenimento di Rai 1, avrebbe certamente fatto cenno al coraggio abbondante – quasi un contrappasso – che la Tivvù di Stato ha avuto, ad esempio, nel fare andare in onda, durante il Festival di Sanremo, le ostentazioni di potenza (o di qualcos’altro che finisce con “enza”) di Fedez che strappa la foto del sottosegretario Bignami vestito da nazista. E, come se non bastasse, ancora maggior coraggio per un’altra messa in onda ancora di Fedez, stavolta però in funzione passiva, che viene baciato a lungo sulla bocca dal cantante “Rosa Chemical”: solo una coincidenza, ma quanto è bastato per far pensare ad un involontario revival figurato della “Bocca di Rosa” immortalata nei versi del Grande De Andrè (in effetti, Festival o non Festival, sempre nel campo della canzone siamo!).
In conclusione, rebus sic stantibus, la domanda che nasce spontanea è la seguente: al netto della “spettacolare” indecenza Fedez-Rosa Chemical (senza nemmeno mettere nel conto l’assolo del rapper che strappa la foto di Bignami), il Festival avrebbe fatto meno ascolti, Rai 1 avrebbe venduto meno pubblicità e fatto meno incassi?
Io credo di no. Io credo che la vicenda Fedez, anzi tutt’e due le vicende Fedez hanno soltanto disturbato. Ed anche se fosse il contrario, anche se Fedez, prima da solo e poi in compagnia di Rosa Chemical, avesse portato – mettiamo – un dieci per cento d’ascolto in più, la decenza, l’etica contano ancora qualcosa oppure no?
Giorgia Meloni fa bene a chiedere le teste dei dirigenti dell’intrattenimento di Rai 1 che, magari senza volerlo, si sono resi responsabili di quanto accaduto. Ma farebbe anche bene, addirittura meglio, se si decidesse a dire una volta per tutte a Salvini che la carretta del governo si tira, non si ostacola quotidianamente facendo il controcanto alla Premier. Lo ha fatto e continua a farlo: più volte sulla vicenda ucraina, più volte su altri temi di politica estera e di politica interna. Di questo passo non rischia di perdere punti e credibilità soltanto Salvini: rischia soprattutto lei, la Premier. Le sta bene? Avanti così.

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