Droni: visioni dall’alto
Si sa, ogni periodo è caratterizzato da nuove mode, non solo nel campo dell’abbigliamento, ma un po’ in tutti i settori. Così, ad esempio, già da un po’ noto che è diventato usuale fare le riprese, nelle fiction o anche semplicemente fotografiche, con l’ausilio dei droni, ovvero di quei piccoli apparecchi volanti radiocomandati da remoto che consentono di fare le riprese aeree anche dei posti più impervi, proprio per l’assenza di un pilota umano a bordo, ma attraverso, invece, un computer esistente sul mezzo oppure tramite il controllo di un navigatore.
Ebbene, confesso di essere personalmente molto affascinata da questa usanza di recente invenzione, in quanto mi accorgo di come i droni riescano a regalarci immagini, ad esempio della nostra città, ma anche di qualsiasi altro luogo, completamente differenti da quelle di nostra memoria. I droni, come detto, offrono un’immagine dell’insieme, dall’alto. E tutto in tal modo acquisisce un respiro diverso ed una maggiore bellezza; i particolari sfumano, perdono la loro importanza individuale, ma ne acquisiscono una più rilevante per il semplice fatto di far parte di un qualcosa di più ampio.
È come se questi apparecchi volanti ci consentissero di giudicare le cose, le stesse che crediamo di conoscere sotto ogni aspetto ma che in genere osserviamo con occhi stanchi e distratti, da un diverso punto di vista, con uno sguardo, cioè, “straniero” e quindi più attento, distaccato ed obiettivo che ci regala così nuove sorprendenti visioni stranamente fino ad allora ignorate.
Purtroppo però, sempre tramite i droni, oggi ho assistito, in televisione, ad immagini raccapriccianti perché relative ai territori posti al confine tra la Turchia e la Siria colpiti nella notte da un fortissimo terremoto di 7,8 gradi Richter che ha comportato già migliaia di morti, il crollo di abitazioni e gravi danni ai gasdotti in fiamme. Conosco bene queste immagini avendo vissuto personalmente il terremoto dell’Irpinia dell’80. Mi trovo così a rivivere le sensazioni di terrore, di angoscia per chi è rimasto sotto le macerie, di gratitudine per la consapevolezza di essere salva, da me vissute in quegli anni e che ora scorgo nei volti di questi popoli, soprattutto di quello siriano , dove “i continui conflitti hanno devastato una generazione di bambini che conosce da sempre solo la guerra”, con conseguente impatto drammatico sul loro benessere emotivo e psicosociale.
Da subito, intanto, una improvvisata catena di soccorritori, da una cavità creata tra le macerie, tra lacrime e disperazione trae in salvo bambini colti nel sonno dal sisma e miracolosamente sopravvissuti, che vengono tirati fuori come fossero formiche in fuga dalla loro tana.
Che strano questo nostro mondo, così martoriato un po’ ovunque da guerre a causa delle quali sembra di assistere quasi ad una gara tra chi, grazie alle armi di ultima generazione, riesca a provocare il maggior numero di morti e a distruggere quante più città è possibile, ma che dimentica che già la natura a volte e inaspettatamente mette a dura prova la sopravvivenza di interi popoli!
Siamo dunque incapaci di prenderci cura dei nostri bambini, della nostra terra, di preservarla dalle distruzioni rinforzando gli “argini”, le sue “ancore” là dove è necessario, eliminando le criticità in vista degli improvvisi rigurgiti del sottosuolo pronti a provocare montagne di macerie; siamo incapaci di rifuggire ogni guerra.
Del resto tutto questo non mi sorprende più di tanto, visto che spesso non siamo in grado neanche di vedere ed apprezzare in tempo di pace il bello dei luoghi in cui viviamo.
In realtà, che sia l’alba o la fine di una giornata qualsiasi, che si viaggi con le vele rotte o nel vento, non dovremmo mai avere bisogno di alcun drone per saper scorgere il bello che è intorno a noi e dovremmo viverlo sempre intensamente prima che la natura o chi per essa ce lo porti via!
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