Autonomia regionale: ma la Meloni che fa?
Quella che si apre oggi è la settimana-verità sulla questione, vitale per il Sud, dell’autonomia regionale. Domani, infatti, il disegno di legge porcata del ministro leghista Roberto Calderoli va in pre-Consiglio e il giorno dopo sarà sul tavolo del governo a Palazzo Chigi.
In tutte le ultime dichiarazioni, Calderoli è apparso sicuro di sé, addirittura trionfante: dice che nella compagine governativa non ci sono più dubbi circa il Sì politico al suo testo di riforma; aggiunge infastidito che è trascorso molto più tempo del dovuto per l’approvazione di un disegno di legge che il Nord attende da troppi anni; giura che non c’è alcun inganno per il Sud nel testo da lui preparato; fa intendere che magari in Consiglio dei ministri si metterà in scena un po’ d’ammuina ma che, a metà settimana appunto, il governo annuncerà ufficialmente che il Ddl porcata Calderoli sarà sostenuto in Parlamento dalla maggioranza compatta di centrodestra.
Come stiano effettivamente le cose tra le mura di Palazzo Chigi è difficile sapere. Appare normale che il ministro leghista forzi la mano nelle dichiarazioni: se non si mostrasse sicurissimo innanzitutto lui della bontà assoluta di ciò che ha proposto, figurarsi gli altri. Qualche voce di dentro suggerisce, invece, che la coalizione di centrodestra vuole arrivare alle regionali della Lombardia (12 e 13 febbraio) con lo “scalpo”- bandiera dell’autonomia, rinviando i conti finali ai successivi passaggi parlamentari.
Tuttavia, al netto delle intenzioni future, oggi contano le posizioni ufficialmente espresse. E se appare da sempre scontata quella della Lega (“O l’autonomia disegnata da Calderoli o morte!”), tutt’altro che rassicuranti, per il Mezzogiorno d’Italia, sono il silenzio imbarazzato ma assordante di Fratelli D’Italia, da una parte, e la solita ambiguità di Berlusconi dall’altra.
In una intervista apparsa ieri su “Il Mattino”, alla domanda: “Autonomia, anche molti operatori economici del Nord criticano il progetto Calderoli. Forza Italia è sempre stato un partito nazionale, non crede che sarebbe opportuno un supplemento di riflessione e di modifiche alla bozza presentata dal ministro leghista?”, il leader di FI ha risposto: “Noi crediamo nell’autonomia, a patto che non diventi una penalizzazione per il Sud. Aggiungo che in questo dibattito spesso si dimentica di citare il Centro Italia, che ha problemi ed esigenze diverse sia dal Sud che dal Nord”.
È un pensiero, quello berlusconiano, che afferma tutto e il contrario di tutto, per di più diluendo la questione Sud nell’allargamento dell’attenzione al Centro Italia: area regionale che non è mai entrata in discussione – si dovrebbe ricordare a Berlusconi – per la semplice ragione che i suoi interessi sono perfettamente sovrapponibili a quelli del Nord. Non è un caso, del resto, che non ci sia un parlamentare del Centro Italia – dicesi uno – che si sia opposto finora alla porcata di Calderoli. Evidentemente ciò che fa Calderoli sta benissimo anche ai politici del Centro Italia.
Ma tant’è: se la posizione di Forza Italia è quella testé sostenuta da Berlusconi, verosimilmente il Cavaliere è molto distratto sul tema, tanto quanto basta perché i suoi ministri, nella seduta del Consiglio di mercoledì, dicano Sì alla proposta Calderoli senza batter ciglio.
Sostanziale indifferenza sui rischi che corre il Sud con la riforma leghista, comunque, si registra anche da parte di autorevoli rappresentanti del centrosinistra. Uno per tutti, il mancato Presidente della Repubblica per un pelo, prima della forzata riconferma (per fortuna) di Mattarella, ovvero Pierferdinando Casini, figura paradigmatica dell’impareggiabile capacità cerchiobottista d’una speciale categoria di ex democristiani: quella predestinata all’immortalità politica indipendentemente dal regime in vita.
Sabato a Napoli per la presentazione del suo volume “C’era una volta la politica”, Casini prova dapprima ad eludere il tema autonomia. Alla fine, incalzato dai cronisti, prende anch’egli la “tangenziale diplomatica”, come Berlusconi o giù di lì, per poi tergiversare furbescamente con il Calcio Napoli. Dice: “È molto importante che l’Italia individui, anche per quanto riguarda il federalismo, una linea che in nessun modo possa essere penalizzante di una parte del Paese perché l’Italia è forte, è grande e importante. Nessuno si può consentire di penalizzare il Mezzogiorno e tantomeno Napoli e la Campania”.
Qualcuno avrebbe potuto ribattere: Senatore, guardi che la Lega lo sta facendo; guardi che il governo sta per farlo; guardi che la porcata Calderoli mercoledì viene approvata dal Consiglio dei ministri!
Epperò sarebbe stata un’insistenza inutile. Egli avrebbe comunque risposto come ha completato il suo ragionamento. Ha detto: “Speriamo che quest’anno sia l’anno buono per lo scudetto, lo speriamo anche noi tifosi del Bologna”. Capito? Classico stile cerchiobottista del democristiano doc quando butta – è il caso di dire – la palla in tribuna.
Insomma, e in conclusione, il Mezzogiorno ha di che preoccuparsi. A meno che… A meno che “Giorgia” non abbia il coraggio di dire a Salvini e a Berlusconi: “Amici e compari, Fratelli d’Italia si chiama così perché vogliamo un’Italia di italiani tutti uguali punto e basta, non di italiani del Nord, del Centro e del Sud: se vi sta bene, andiamo avanti; diversamente si va alle urne e vediamo chi è più tosto”.
Ma lo farà? Molto improbabile, quasi impossibile. Per ora va preso atto che nella babele di tante ambiguità, il governatore Pd dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, sulla scia del governatore Pd della Campania, Vincenzo De Luca, ha liquidato la proposta di autonomia Calderoli con un laconico: “Irricevibile!”. Sarà pure che sta correndo per la segreteria nazionale del Partito Democratico, ma almeno parla chiaro.
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