“Dammi un cuore che ascolta”
(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Clara Spadea.
– di Clara Spadea –
“E così è arrivato Natale / e tu cosa hai fatto? /… Speriamo sia un buon Natale / senza timori né paure… / Il mondo è così sbagliato /… Smettiamola di combattere / La guerra è finita / se tu lo vuoi”
John Lennon, come un poeta, sapeva sempre trovare le parole più belle per esprimere i suoi sentimenti e sapeva tradurle poi in canzoni immortali per il mondo intero, come ha fatto anche con la sua “So this is Christmas”, che è un vero inno laico contro la guerra.
Anche io, a ridosso del 25 dicembre, mi meraviglio di come sia già arrivato un altro Natale, e mi chiedo cosa sia cambiato in questo ultimo anno. Poco per la verità, dal momento che spesso nei nostri rapporti interpersonali c’è ancora tanta indifferenza e superficialità, e che è ancora in atto, da troppo tempo, la guerra tra Russia e Ucraina, che poi nella sostanza è una guerra che in realtà stiamo combattendo in molti (in termini economici, di armi, di accoglienza, di inflazione conseguente), e che in Iran si sta svolgendo una vera e propria mattanza di giovani e di donne, torturati e uccisi dopo processi farsa per il loro coraggio di manifestare a gran voce, come non mai, il dissenso contro un governo che calpesta in modo oramai insopportabile qualsiasi diritto di libertà e di dignità, qualsiasi ricordo di ciò che abbia a che fare con l’ umanità.
È dunque, forse, davvero sbagliato questo mondo che a volte proprio non riesce a fermare le storture, le guerre, le crudeltà a danno di giovani e anziani, e che non riesce a donare briciole di serenità e di spensieratezza nemmeno nel periodo natalizio.
Io non ho ricordi, al tempo in cui ero piccola, di guerre nel mondo; ricordo piuttosto il mio attendere con ansia il giorno di Natale, quando insieme ai miei fratelli, per meritare i regali che sarebbero arrivati, mettevamo di nascosto le nostre letterine, fatte di brillantini e di promesse, sotto il piatto di papà che a fine pranzo ogni anno fingeva meraviglia nel trovarle e leggerle tutte. E ricordo i regali che avevo sempre da chiedere, la gioia che provavo nel riceverli, i capitoni che si agitavano nella vasca del bagno, gli zampognari che suonavano dinanzi ad ogni abitazione, l’odore delle zeppole fritte con le alici e la lunga tavolata per contenere anche gli amici cari con cui condividevamo immancabilmente in allegria ogni nostro giorno di festa.
Erano altri tempi, molto lontani. Si aveva tanto da chiedere in regalo perché allora si aveva solo lo stretto necessario, ma si era comunque felici perché abituati ad accontentarsi di quel che si aveva.
Oggi, al contrario, sommersi come siamo dal consumismo, abbiamo quasi difficoltà a desiderare qualcosa. Ma per quanto mi riguarda, se mio padre potesse essere ancora al mio tavolo la sera della vigilia, se potessi scrivere una lettera da mettere di nascosto sotto il suo piatto o da spedire direttamente a Babbo Natale, ora saprei bene cosa chiedere, perché mi piacerebbe trovare sotto il mio albero tanto tempo. Tempo per esserci per le persone che amo, per continuare a costruire, a lottare con loro, o semplicemente per non perderle e per sorreggerle e proteggerle tutte le volte che dovesse essere necessario.
Ma il tempo non serve, se viene vissuto in un mondo disperato perché perennemente in guerra, dove le donne vengono violentate e uccise per futili motivi, dove i bambini sono costretti a vivere come topi in luoghi sotterranei senza potere vedere il cielo libero dai flash delle bombe, e se noi tutti siamo incapaci, pur lontano da queste terre flagellate dalla guerra, di vivere senza il desiderio di sopraffazione.
E dunque, chissà, per rendere questo mondo un posto migliore dovremmo forse, come il Re Salomone, semplicemente chiedere tutti “un cuore che ascolta”, la capacità cioè di ciascuno di uscire dal proprio ostinato individualismo e porsi in silenzio per riuscire a mantenere il contatto con gli altri, avere occhi per vederli, cuore per comprenderli per tempo, per sentire le loro richieste mute, per esserci davvero, sia pure solo nell’ascolto . Dovremmo sperare tutti di avere un cuore riconoscente, attento, aperto, per coltivare accoglienza, ricettività e divenire così costruttori di progresso ed anche di pace.
Perché dove c’è capacità di ascolto c’è autenticità, non guerra. E allora sì, che sarebbe davvero Natale e che il mondo, al contrario di quel che diceva John Lennon, non sarebbe poi così sbagliato, e tante guerre, anche le nostre, finirebbero, ora.
Lo so, è un sogno quel che sto dicendo, ma a Natale è lecito sognare!
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