Desiderio di gloria
Narra Omero (Iliade, L.16^) che Patroclo cerca inutilmente di convincere Achille (sempre irato contro Agamennone) a ritornare a combattere in appoggio ai Greci; e chiede di poter almeno lui scendere in campo contro i Troiani, ingannandoli con l’indossare le temute armi del Pelide, che giacciono inutilizzate (“me tosto almeno/invia nel campo; e al mio comando i forti/Mirmidoni concedi,….ch’io, delle tue coperto armi le spalle,/m’appresenti al nemico, onde, ingannato dalla sembianza, in me comparso ei creda/lo stesso Achille e fugga, e l’abbattuto/Acheo respiri”). In tal modo Patroclo riesce a fare strage di Troiani che lo credono Achille ritornato a combattere.
Cade in errore anche Ettore, che affronta Patroclo e lo uccide, troncando il breve sogno di gloria dell’avversario ( “nell’imo casso immerse l’asta e tutta/dall’altra parte riuscir la fece./Risonò nel cadere ed un gran lutto/per l’esercito achivo si diffuse…”) .
La gloria, a qualsiasi aspetto della nostra vita collegata, è una sirena ammaliatrice, la cui dolcezza è così grande da farsi amare persino se unita alla morte.
È stato scritto (v. “Pensieri” di Biagio Pascal, traduz. di Giovanni Pascoli) che la vanità affonda l’ancora così addentro nel cuor nostro, che uno spazzaturaio si vanta e vuol avere chi l’ammiri. E quelli che scrivono contro la gloria, vogliono aver la gloria d’aver scritto bene”.
Il desiderio di gloria ci spinge a voler essere conosciuti e ricordati tutti anche dopo la fine della nostra vita; e ci fa sentire appagati per la stima che abbiamo ottenuto eventualmente da pochi.
L’uomo, per sua natura, aspira anche alla notorietà e perciò teme l’oblio; del quale, in modestissimi versi, potremmo così dire:
Tu sopisci degli uomini il dolore
Cancelli l’ansia e i mali della vita.
Tu fai cessare i battiti del cuore,
sei un lungo sonno d’anima smarrita.
L’uomo ti teme e sempre si ribella.
Vuol esser ricordato sulla terra,
s’adopra, certo che la vita è bella.
Gli ricordi la morte e ti fa guerra.
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