La vera colpa di Enrico Letta

A urne aperte, nelle recenti elezioni politiche, ho a caldo ritenuto, ed oggi a mente fredda continuo a ritenere, forse controcorrente, che la sconfitta del centrosinistra non sia imputabile ad Enrico Letta e al Pd ma esclusivamente al M5S “di” Giuseppe Conte. Ho ritenuto a caldo e continuo a ritenere a mente fredda, infatti, che Letta abbia fatto la cosa politicamente più giusta e dignitosa quando ha deciso di non andare alle elezioni in alleanza con il M5S “di” Conte, dopo che questi s’era reso responsabile unico della crisi del governo Draghi e dell’inevitabile scioglimento delle Camere, dunque delle elezioni anticipate.
Per di più, ho sempre ritenuto, e a maggior ragione oggi ritengo, che la colpa di Letta per la sconfitta elettorale non sia nella mancata alleanza con i 5 Stelle – cosa che non avrebbe potuto sostenere senza far perdere la faccia al Pd e a se stesso – ma piuttosto nell’aver rincorso Conte per mesi e mesi, capendo soltanto troppo tardi di che pasta politica fosse fatto l’ex Premier ed attuale capo del Movimento. L’errore madornale di Letta, insomma, è nel non avere saputo inquadrare al momento opportuno Conte nella sua giusta dimensione e luce –.ovvero la dimensione e la luce di un soggetto politicamente inaffidabile – quando c’era ancora tempo a sufficienza per organizzare una diversa strategia politica in vista della scadenza naturale della legislatura.
La vera colpa di Letta – il quale è stato fortemente condizionato dalla sinistra Pd e da “esterni” di peso come Bersani e D’Alema – è di aver dato ossigeno ai 5 Stelle quando il Movimento era in agonia invece di staccare la spina. La vera colpa di Letta è di non aver saputo giocare d’anticipo usando il necessario cinismo politico che l’inaffidabile Conte ha invece usato a piene mani contro di lui e contro il Pd, oltre che contro gli interessi del Paese, quando scientificamente – per livore personale e per nostalgia di Palazzo Chigi – ha organizzato la “caduta” di Draghi.
Ma gli errori e le colpe di Letta non possono e non devono sorprendere. Egli è un ottimo Professore ed è stato un ottimo ministro e perfino un ottimo Premier tecnico. Epperò la Politica pura – quella del pensiero lungo e visionario, quella capace di strategie di partito vincenti – non è stata e mai potrà essere “arte” sua: semplicemente egli non ne ha la capacità, è roba estranea al suo Dna.
Sicché non può nemmeno sorprendere che oggi Letta – a “lutto elettorale” evidentemente non ancora elaborato – continui a commettere errori che un vero leader politico non potrebbe mai consentirsi. In buona sostanza, egli si sta comportando come il proverbiale allevatore che dopo aver fatto scappare i buoi dalla stalla (leggi pure: dopo aver perso le elezioni), si è messo a cercarne le corna (leggi pure: a divagare per autoassolversi, magari attaccando scompostamente chi, per volere degli elettori, è stato premiato il 25 settembre).
Si può spiegare soltanto in questa chiave – per stare all’attualità – la sortita di Enrico Letta venerdì a Berlino. Dove, intervenendo al congresso dei socialisti tedeschi, con esplicito riferimento ai nuovi presidenti del centrodestra di Camera e Senato, Fontana e La Russa, non si è fatto scrupolo di gettare fango sulle istituzioni italiane dicendo che “La legislatura comincia con una logica incendiaria da parte di chi ha vinto le elezioni”.
Fa specie, al confronto, che Letta non abbia esibito lo stesso ruggito di leone, in quel caso certamente appropriato, e sia invece rimasto muto come un pesciolino impaurito, quando da personaggi inqualificabili della sinistra militante e del giornalismo ideologizzato sono stati intentati vergognosi “processi” mediatici, quelli sì “con logica incendiaria”, contro uno straordinario Servitore dello Stato come Mario Draghi.
Ma ancora qui c’è poco da sorprendersi: Enrico Letta – vale la pena ripeterlo, a futura memoria – è stato un ottimo ministro e perfino un ottimo Premier, ed è stato certamente un ottimo direttore della Scuola di affari internazionali presso l’Istituto di studi politici di Parigi. Tuttavia la Politica è altro: lui, per la Politica, è negato.

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