Atripalda – La banda suona per noi
La festa paesana (tra le tante), specialmente celebrativa di un Santo.
Era, come in ogni altro luogo, anche in Atripalda un avvenimento sempre atteso, programmato ed annunciato con pubblici manifesti.
Questi informavano innanzitutto sui previsti adempimenti religiosi; poi, nella parte “civile”, recavano notizie, oltre che sui fuochi pirotecnici preparati per la serata conclusiva, anche sui complessi musicali scritturati per le due o tre giornata della festa.
A volte erano previsti spettacoli di musica leggera; ma era importante sapere altresì quale “banda” sarebbe intervenuta, tra le molte e rinomate disponibili, per gli immancabili concerti di musica operistica da tenere nella piazza principale del Paese.
Per antica tradizione era proprio questa la più attesa fase del festeggiamento, la cui riuscita, quindi, rimaneva affidata in buona parte alla bravura della cosiddetta “banda” che sarebbe venuta a suonare.
Tra noi Atripaldesi, peraltro, v’erano anche molti competenti da autentico “loggione” teatrale che attendevano di poter ascoltare per poi giudicare della bontà dell’esecuzione ed anche a lungo discuterne.
Tuttavia, alla maggior parte di noi, approssimativi intenditori, quella compagine di tanti “solisti” ( con rigorosa divisa di identico colore, muniti di luccicanti strumenti in gran parte d’ottone) piaceva comunque.
Ma, in modo speciale, essa ci entusiasmava allorché , com’era prassi, quella stessa banda, in preannuncio dei propri concerti pomeridiani e serali, faceva sfilare i suoi componenti e suonare, allineati, a passo di marcia, per le vie di Atripalda.
Era questo uno spettacolo che richiamava; e ci esaltava al punto che, anche da persone serie, avremmo volentieri lanciato in aria il cappello per l’entusiasmo. Ma soprattutto potevamo, così, non solo compiacerci in anticipo della bravura dei suonatori, ma anche ammirare divertiti la schiera di ragazzini che puntualmente precedevano l’incedere della banda camminando anch’essi a tempo di marcia e scandendo con le braccia la musica come immaginari direttori di orchestra.
Questo momento di collettiva spensieratezza e di allegria già ci rendeva già felici, perché immaginavamo che la banda, in quel modo, suonasse davvero solo per noi; e, per giunta aumentava in tutti la lieta aspettativa del vero concerto che quegli allegri solisti, ora in marcia per il Paese, avrebbero poco dopo tenuto nella nostra piazza principale, seri, composti e diretti da un maestro autorevole, sul palco illuminatissimo della festa, ascoltati da tanto pubblico.
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