Chiesetta atripaldese di campagna

Un tempo, appena fuori dall’abitato, v’era un viottolo tra i campi, solitario e silenzioso, che portava ad una piccola costruzione da noi conosciuta come la “Chiesa di San Lorenzo”.

Essa era quasi sempre chiusa, circondata da folta vegetazione spontanea, che la rendeva affascinante ed un po’ misteriosa allo sguardo di chi, pur di rado, si recasse in quel luogo.

Se ne stava in tutta solitudine; ma era sempre gradito “scoprirla”, alla fine di quel sentiero, quasi inaspettatamente; e se ne rinnovava la sorpresa anche successivamente, come per la prima volta scoperta.

Ci domandavamo perché quella “chiesetta” non fosse utilizzata. Essa stimolava la nostra curiosità e la fantasia, anche perché ci appariva diversa dalle varie altre “Chiese”, grandi o piccole, che Atripalda poteva vantare nell’urbano.

Era una bella “chiesetta, nascosta in mezzo ai fiori”, come ricordava la nota sigla musicale di uno stupendo complesso radiofonico, capace anche di suscitare romantici pensieri.

E, poi, quasi inaspettatamente, arrivava, in agosto, la notte di San Lorenzo con le sue “stelle cadenti”; e quella chiesetta, come per un incantesimo, si animava con qualche funzione religiosa.

Comparivano altresì venditori di angurie per i visitatori e talvolta vi furono anche piccoli spettacoli canori per la festività.

Ricordo le luci, apposte , per la circostanza, solo intorno alla costruzione ad accogliere la gente che affluiva dal Paese percorrendo nell’oscurità quel viottolo tanto stretto da consentire a stento il passaggio contemporaneo delle persone in ambedue le opposte direzioni.

Ora tutto è soltanto un vago ricordo di una consuetudine di Atripalda, che vedeva noi giovani partecipare anche con senso d’avventura e che si ripeteva sempre in una serata di caldo estivo, prima che ritornasse il silenzio di ogni giorno.

Ma anche gli usi sono spesso destinati a finire, per lasciare il posto ad opportune, utili innovazioni regalate del progresso.

Ed infatti anche quell’esiguo sentiero, dopo tanto tempo, è poi scomparso, “divorato” da un moderno raccordo, largo da sembrare quasi un braccio di autostrada, sul quale transitano ora autoveicoli d’ogni tipo e persino i noti “bisonti della strada”.

Essi costeggiano molto da vicino che chiesetta, che, pur rimasta incolume, appare privata della protezione dei suoi fiori e messa “a nudo” del suo antico fascino.

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