Decontribuzione Sud, tutti i partiti la vogliono strutturale. Ma in due anni ha prodotto solo più precariato. Ecco i dati
Tutti questi strumenti non sono serviti a ridurre la disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno ed il gap rispetto al resto del Paese: nel primo trimestre 2022, il 33 per cento dei contratti a tempo determinato è risultato essere inferiore a 30 giorni, con addirittura un 10% della durata di un solo giorno
Rendere strutturale la decontribuzione Sud e rafforzare tutti gli incentivi e gli sgravi in essere che agevolano l’occupazione, almeno potenziale, di giovani e donne nel Mezzogiorno. Da destra a sinistra sono tutti d’accordo, ma al di là delle perplessità sulla sostenibilità di queste misure nel medio periodo, i dati ci dicono che in questi due anni la Decontribuzione Sud e la politica degli sgravi e degli incentivi è servita soprattutto a rafforzare i contratti esistenti, in maggioranza a tempo determinato, più che a garantire nuove occupazioni a tempo pieno. Insomma, più che favorire l’occupazione la decontribuzione ha cristallizzato la precarizzazione degli impieghi. I dati, purtroppo, parlano chiaro. Come riportato dall’Istat, nel suo aggiornamento su giugno 2022 pubblicato ad inizio mese, il tasso generale di occupazione ha raggiunto il 60,1 per cento, un dato che non si registrava dal 1977, mentre la disoccupazione generale resta stabile all’8,1 per cento, quella giovanile al 21 e l’inattività al 34,5. Numeri, quelli nazionali, che fanno risaltare, innanzitutto e ancora una volta, il gravissimo divario che va consolidandosi con il Mezzogiorno e le sue aree interne. L’Irpinia, infatti, si barcamena da anni intorno ad un trend ben più pesante e ormai consolidato: disoccupazione generale al doppio del livello nazionale, intorno al 15, giovanile intorno al 50. E un numero di sfiduciati sopra il 20.
In tale quadro, nel solo 2020 le imprese hanno goduto di 20 miliardi distribuiti in ben 22 incentivi per favorire il lavoro degli under 35. L’elenco è noto da tempo: si va dalla Decontribuzione Sud all’esonero giovani per i contributi, dai crediti d’imposta di Resto al Sud agli incentivi per studenti e così via. Tutti questi strumenti non sono serviti a ridurre la disoccupazione giovanile nel Mezzogiorno ed il gap rispetto al resto del Paese: nel primo trimestre 2022, il 33 per cento dei contratti a tempo determinato è risultato essere inferiore a 30 giorni, con addirittura un 10% della durata di un solo giorno. I contratti a tempo determinato sono diventati un elemento strutturale della nostra economia, soprattutto nel nostro Mezzogiorno.
I commenti sono chiusi.