Economie trasformative – Economie di Pace
(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Mirella Napodano
– di Mirella Napodano –
In questi giorni mi avrete visto sfuggire alle telefonate, mancare agli appuntamenti, sfrecciare in macchina o esibire nel camminare quell’andatura energica e risoluta, già da qualcuno definita da ‘ufficiale ussaro’, che riservo ai periodi di pressanti impegni. Tutto questo per consentirmi di partecipare senza distrazioni di sorta al primo Seminario Residenziale di Formazione organizzato in Campania (15/17 luglio 2022) dall’Università per la Pace delle Marche, partner statutario della Comunità locale trasformativa Laudato Si’ – S. Ciro – Avellino, sul tema: Economie trasformative –Economie di Pace. I lavori si sono svolti tra Avellino, l’Alta Irpinia, il centro storico di Napoli e il Sannio; di qui l’esigenza da parte mia di rincorrere studenti e formatori da un posto all’altro, riducendo il più possibile i tempi di spostamento. Di massimo interesse ed attualità gli argomenti trattati, centrati sugli assi portanti dell’Enciclica Laudato si’: la stretta relazione tra diffusa povertà e fragilità del pianeta; la dimostrazione che al mondo tutto è connesso; l’invito a trovare altre modalità di intendere l’economia e il progresso; il senso umano dell’ecologia; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita; le gravi responsabilità della politica locale e internazionale.
Fino a poco tempo fa, nella visione del mondo occidentale il progresso ha avuto a che fare con la competizione e il profitto, con i miti della crescita indefinita e del massimo consumo per alimentare le insaziabili esigenze del mercato. Caratteristiche queste già ampiamente teorizzate durante la prima metà del Settecento nella narrazione simbolica contenuta nel poemetto satirico: La favola delle api (1724) di Bernard de Mandeville, medico e filosofo olandese naturalizzato britannico. Smettetela dunque con i lamenti: soltanto gli sciocchi cercano di rendere onesto un grande alveare. Godere le comodità del mondo, essere famosi in guerra, vivere nell’agio senza grandi vizi è un’inutile utopia nella nostra testa. Frode, lusso e orgoglio devono vivere, finché ne riceviamo i benefici: la fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi digerisce e prospera senza di essa?… La misericordia è più nei ragazzi, nelle femminucce, nei vecchi, negli ammalati che nei maschi, nei sani e nei robusti: dunque non è una virtù della natura, ma una debolezza.
In epoca contemporanea, Serge Latouche considera l’economia come l’immaginario che struttura la post-modernità; in altri termini, l’economia è l’insieme dei valori e dei presupposti culturali su cui si fonda ormai da tempo tutto l’Occidente. Immaginate il coraggio che richiederebbe destabilizzare di colpo i tre ingredienti presenti nel carosello diabolico di questa nostra società dei consumi: la pubblicità che fa sorgere il desiderio; il credito che fornisce i mezzi per l’acquisto e l’obsolescenza accelerata e programmata dei prodotti, che ne rinnova la necessità. D’altronde, in qualche modo bisognerà pur uscire da questo meccanismo perverso che ormai insidia addirittura la sopravvivenza del genere umano, visto che l’ambiente naturale è finito ed esauribile, quindi soggetto alla rarefazione e alla scarsità delle energie. Il modello auspicato è quello di una società conviviale, che offrirebbe la possibilità di esercitare azioni più autonome e creative, con l’ausilio di strumenti meno controllabili da altri. Insomma, la produttività si coniuga in termini di avere, la convivialità in termini di essere, per dirla con Fromm.
In pratica, il vero killer del capitalismo è l’ecologia, perché è sovversiva: rifiuta il motivo centrale dell’immaginario capitalistico, secondo cui il destino dell’umanità è aumentare a dismisura produzione e consumo. E’ la tesi del politologo greco Cornelius Castoriadis, che mostra l’impatto catastrofico della logica capitalistica sull’ambiente naturale e sulla vita degli esseri umani in una società alla deriva. Per salvare l’ambiente non resta dunque che trasformare l’economia attraverso una più saggia etica della buona vita comune, che metta al posto del concetto tradizionale di sviluppo quello di fioritura, creando una sorta di ibridazione tra decrescita serena e logica del dono e della solidarietà. Per uscire senza mezzi termini dalla cappa incombente dell’economia di mercato, Latouche indica gli otto processi essenziali di un progetto politico di democratizzazione della società e di salvaguardia dell’umanità. Si tratta di otto verbi con la stessa iniziale (le otto ‘R’): rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, redistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Molte di queste azioni sono sempre più raccomandate nei documenti ufficiali illustrativi delle buone pratiche ecologiche; altre vanno diffondendosi a macchia di leopardo nelle situazioni e nei luoghi più disparati, alimentati da focolai di buona volontà che sorgono da gruppi spontanei ispirati alle due ultime Encicliche papali o da iniziative di comitati pubblici che hanno a cuore le sorti della società civile. L’interminabile crisi pandemica, la guerra folle e fratricida in Ucraina e gli incombenti cambiamenti climatici spingono in questa direzione.
E, visto che tout se tient (tutto è connesso), il primo laboratorio del nostro Seminario non poteva che svolgersi al cospetto del Murale della Pace di Ettore de Conciliis presso la Chiesa di S. Francesco al Rione Ferrovia di Avellino, nella contemplazione del contrasto tra le rovine dei bombardamenti e il profilo della donna stuprata e incinta: tra speranza e sconforto, con anonimi eserciti schierati e folle di semplici cittadini, suore, preti, personaggi politici e intellettuali recanti cartelli inneggianti alla pace. Molti di quei cartelli sono senza scritta, genialmente lasciati in bianco dall’autore, e attendono da più di cinquant’anni che ciascuno di noi prenda l’iniziativa di lasciare su quella superficie bianca il proprio messaggio – unico e insostituibile – recante la promessa del suo impegno civile.
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