FilosoficaMENTE parlando…

(F.G.) Per l’importanza che riveste e la sostanza che condividiamo appieno, collochiamo volentieri nello spazio degli Editoriali il “pezzo” di Mirella Napodano.

– di Mirella Napodano –

Complice una primavera in stadio avanzato e il clima mite di un giugno appena sbocciato, è stato bello ritrovarsi con bambini, ragazzi, genitori ed insegnanti per celebrare l’evento filosofico programmato da AMICA SOFIA nella splendida cornice della Rocca di Corciano (PG) e presso la vicina Villa del Colle del Cardinale, monumentale dimora patrizia immersa nell’incantevole panorama delle colline umbre. L’atmosfera intima e cordiale di un incontro tra amici; la superba bellezza dei luoghi, che una delegazione del FAI perugino ha provveduto ad illustrarci; la presenza di artisti con le loro pregevoli opere pittoriche e scultoree in mostra hanno arricchito il nostro soggiorno di pregnanti elementi emotivi e di significativi percorsi sensoriali ed esperienziali. Coniugare arti visive e filosofia è notoriamente uno degli itinerari speculativi preferiti in Amica Sofia. Così, l’inaugurazione presso la Sala Belvedere (Rocca di Corciano) della doppia personale di Mario Loprete e Salvatore Sart con la partecipazione di Lara Caccia è stata l’occasione per immergersi nei linguaggi della comunicazione artistica non figurativa, intesa come metafora di una libertà di pensiero agita al di fuori degli schemi prefissati dalla consuetudine espressiva e cognitiva. Si tratta di un percorso speculativo già ampiamente sperimentato nelle nostre pratiche laboratoriali di filosofia dialogica insieme al linguaggio musicale, ritenuto altrettanto rilevante dal punto di vista della riflessione filosofica. Così, filosofia e bellezza hanno letteralmente dominato le nostre menti nella gioiosa atmosfera del parco della Villa durante il concerto offerto nel pomeriggio del 30 maggio dagli studenti del Corso ad indirizzo musicale dell’IC Bonfigli di Corciano.

Il programma delle attività del nostro festival filosofico, che prevedeva nel pomeriggio anche percorsi di lettura condivisa e itinerari letterari nel parco – accompagnati dai partecipanti ai gruppi di lettura della biblioteca Villa Urbani di Perugia – ci ha condotti la mattina dopo alla spicciolata presso le scuole partner coinvolte nel progetto, per l’espletamento dei previsti laboratori di filosofia dialogica. Io sono stata impegnata per la prima parte della mattinata nella classe seconda della Scuola primaria di Corciano e per l’orario successivo nella seconda classe della Scuola secondaria di I grado di Colle Umberto. Con la docente della scuola primaria avevo concordato di svolgere il laboratorio sul brano dell’incontro della Volpe con il Piccolo Principe: una delle perle letterarie della famosa opera di Antoine de Saint-Exupéry, che i bambini già conoscevano per averne letto in precedenza qualche brano. E così, agevolmente, abbiamo dato inizio alla lettura collettiva disponendoci in cerchio con le sedioline in modo da poterci guardare negli occhi durante la conversazione. Tutti i bambini hanno letto senza grandi difficoltà, anzi la maggior parte di loro lo ha fatto speditamente e con espressione. Terminata la lettura abbiamo concordato le poche regole da tenere per facilitare la comunicazione: richiesta di parola per alzata di mano e rispetto dei turni, capacità di sintesi negli interventi, ascolto attento e possibilmente senza interruzioni. E’ stato importante anche far capire ai bambini che le eventuali domande non andavano poste all’insegnante di classe e tanto meno a me, ma a tutto il gruppo raccolto nel cerchio, per una piena condivisione comunitaria. Per disinibire gli alunni rispetto ad una pratica dialogica non ancora del tutto familiare, in apertura ho chiarito che le domande sono sempre giuste e che non c’era alcun pericolo di sbagliare ponendo dei quesiti; se mai sono le risposte ad essere inevitabilmente parziali, provvisorie e (Popperianamente) fallibili.

Lo stile letterario e soprattutto il pensiero di Saint-Exupéry, semplice e poetico, sulla bocca di questi bambini intenerisce profondamente, per via di quel richiamo all’amicizia che i piccoli percepiscono perfettamente con l’energia sorgiva che li caratterizza e dice della loro fresca, immediata gioia di vivere. Ammetto di aver avuto più volte qualche difficoltà a dissimulare la mia emozione soprattutto all’inizio del laboratorio che – nella mia pur lunga esperienza – si prospettava come particolarmente interessante.

”Che cosa vuol dire addomesticare?”…”E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami.

”Comincio a capire…” disse il Piccolo Principe “C’è un fiore. Credo che mi abbia addomesticato.

Poche domande sul processo di ‘addomesticamento’: i bambini comprendono molto meglio degli adulti e lo dimostrano accogliendo con molta naturalezza questa parola insolitamente usata come sinonimo dell’amicizia. Più che porre domande, riferiscono nuovi argomenti ed esperienze personali sui processi di addomesticamento di cui hanno fatto personale esperienza con animali di compagnia e – per estensione – con alcuni amici. E se la capacità di addomesticarsi a vicenda esorcizzasse l’uomo dal fascino maligno della guerra?

”Se tu mi addomestichi…conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica.” Come spiegare tutto questo agli adulti – specie ai politici – in un momento come quello attuale? Eppure il discorso del Piccolo Principe è rivolto più a loro che ai bambini. E pensare che l’autore, poco dopo averlo pubblicato, precipitò e sparì per sempre col suo aereo mentre sorvolava il Mediterraneo. Mai più ritrovati né il velivolo né tanto meno il corpo dello scrittore-aviatore. A questa notizia i bambini si mostrano più addolorati che sorpresi; in fondo, quale miglior finale si poteva immaginare per una storia così significativa? Ancora una prova – se ce ne fosse stato bisogno – che la realtà supera di gran lunga la più sfrenata delle fantasie.

Nel laboratorio di metà mattinata, considerata l’età adolescenziale dei protagonisti, ho scelto – di concerto con la docente di lettere che nel corso dell’anno aveva svolto un percorso di mitologia greca – di utilizzare come incipit la lettura collettiva del Mito di Narciso nella versione delle Metamorfosi di Ovidio, perché gli studenti potessero gustare anche il fascino del linguaggio classico in cui la narrazione era stata tradotta. Contemporaneamente, i ragazzi hanno rintracciato sul web il famoso quadro di Caravaggio: Narciso alla fonte e lo hanno postato sui loro cellulari, oltre che sulla Lim di cui l’aula era dotata. La suggestiva immagine pittorica ci ha offerto lo spunto per alcune riflessioni introduttive circa l’atteggiamento di Narciso nello specchiarsi, il languore della sua postura e l’espressione estatica dello sguardo. Si trattava evidentemente di elementi molto significativi per la codifica delle varie emozioni in gioco nel fatidico momento in cui per Narciso si realizza per la prima volta la visione del Sé, che fino a quel punto gli era stata negata perché non incorresse nelle nefaste conseguenze della maledizione di doverne morire. Dal vivace dialogo con i ventotto studenti partecipanti è emerso quasi subito il ruolo preponderante del Fato, metafora escogitata dagli antichi greci per cercare una spiegazione plausibile alla complessità degli eventi della vita. In particolare, non è sfuggita ai dialoganti la suggestione di una volontà ipostatizzata che domini il palcoscenico delle azioni umane, determinandone in anticipo l’orientamento e negando alla volontà dei singoli soggetti la possibilità di dirigere le proprie azioni con efficacia autopoietica. Molte ed interessanti sono state anche le considerazioni espresse dai ragazzi sui tratti psicologici del protagonista della vicenda, preso quasi ad emblema di un comportamento asociale che gli impedisce di instaurare una sana relazione d’amore con la ninfa Eco. Quest’ultima, a sua volta, ne subisce irreparabilmente il fascino senza nulla poter replicare ai dinieghi di Narciso, in quanto costretta dal destino a ripetere gli inviti in forma ecolalica, provocando così tra i due una serie di inevitabili malintesi e comunicazioni distorte. A tal proposito, una studentessa ha osservato che l’eccessiva condiscendenza fra amici è frequente anche nei rapporti odierni fra i giovani, indotta dalla paura di essere esclusi dal gruppo. Altri studenti hanno replicato sbrigativamente che Narciso si rendeva antipatico a tutti e che per questo motivo ha finito col morire da solo.

In definitiva, una logica inesorabile ha dominato i ragionamenti dei ragazzi più grandi, che solo a tratti sono apparsi turbati da considerazioni che rischiavano di investire troppo la sfera dei rapporti personali. E’ chiaro che il pudore tipico dell’età adolescenziale avrebbe richiesto tempi più lunghi per essere superato, almeno in parte, attraverso una conoscenza reciproca più approfondita. Tuttavia, in entrambi i laboratori che ho guidato ho notato che all’inizio del dialogo la comunicazione era abbastanza reticente e necessitava, per espletarsi pienamente, di varie strategie di incoraggiamento e approfondimento, mentre verso la fine la discussione si accalorava e i ragazzi avrebbero voluto continuare a dialogare anche dopo il suono della campanella che segnava la fine delle lezioni.

I commenti sono chiusi.