Avellino s’è desta: il Fenestrelle ringrazia
Domenica mattina ad Avellino (Largo Scoca) eravamo proprio in tanti all’appuntamento di Legambiente per la pulizia delle rive del torrente Fenestrelle. L’appello era partito in sordina pochi giorni prima, si direbbe per ‘chiamata nominale’ delle associazioni territoriali interessate. A questo servono i social, quando sono bene usati. Poteva mancare la Comunità Locale Trasformativa LAUDATO SI’- S. CIRO? Assolutamente no e difatti si è attivata subito per chiamare a sua volta a raccolta tutte le persone di buona volontà che sono nei suoi ranghi, per poi invitare – come si farebbe per una festa – parenti ed amici, quelli stretti, che non ti tradiscono. Tra questi vanno certamente annoverati i giovani Leo del Club IRPINIA, guidati dal loro advisor Ernesto Del Giudice e dal presidente Aurelio Marotta, che hanno offerto un’ulteriore prova della passione civile già per il passato dimostrata nei più disparati settori di impegno. E così, mentre la piazzetta si animava di persone che nel frattempo si attrezzavano di guanti e grandi buste di plastica messi a disposizione dagli organizzatori per la raccolta dei rifiuti lungo il fiume, molti si riconoscevano salutandosi calorosamente tra loro, felici di scoprire che la loro amicizia si spingeva fino al punto da condurli inaspettatamente verso le stesse scelte di vita. Così ho incontrato gli amici di Irpinia Trekking, della Fraternita di Misericordia, dell’Archeo Club d’Italia, del Comitato per l’Acqua pubblica Aspettando Godot e perfino dell’Associazione di filosofia dialogica AMICA SOFIA, profondamente convinti questi ultimi – sulle orme di Terenzio – che nulla di ciò che è umano può essere estraneo alla riflessione filosofica: Homo sum, humani nihil a me alienum puto.
La discesa verso il torrente ci ha dischiuso un bellissimo paesaggio: siamo stati accolti dal verde smeraldo dei germogli pur mo’ nati (Dante docet) di una primavera tardiva ma ormai in pieno rigoglio. L’apparire della selva, fitta di alberi secolari come alcuni bellissimi platani; il suo improvviso infittirsi via via che i nostri passi concitati ci conducevano verso la prospettiva dei ruderi del mulino (o meglio dei pochi muri diroccati ostinatamente ancora in piedi); lo scroscio dell’acqua del torrente e la leggera brezza primaverile che gareggiava col sole – sì, quel sole che ad Avellino si è fatto tanto desiderare quest’anno – tutto questo ci rendeva sereni e ilari, dandoci tanto entusiasmo al punto da spingere qualcuno a scendere nel letto del fiume per liberare dai rami una grossa tenda rossastra che vi si era impigliata da chissà quanto tempo. Intanto i sacchi si riempivano sempre più di oggetti pesanti, tanto da doverli trascinare a stento per raggiungere i punti di raccolta. Qualcuno faceva la spola con una carriola arrugginita per accelerare i tempi del conferimento dei rifiuti ritrovati. Proprio così: come il tempo ritrovato per Marcel Proust, ogni vecchia carabattola infangata ci stava parlando del suo passato, di quando era nuova e funzionante, anzi ritenuta indispensabile per il buon andamento della famiglia o dell’ufficio. Tra i rifiuti in vena autobiografica spiccavano per il loro glorioso passato due batterie per automobili, un passeggino pieghevole, vecchi quadri, gli scheletri di alcuni computer, pannelli e pezzi di infissi e tante altre mercanzie provenienti chissà da dove. Non esagero se dico che abbiamo riscoperto in questi momenti lo stupore e l’emozione della ricerca e forse anche l’incanto della narrazione.
Ho visto alcuni bambini riempire diligentemente le buste loro affidate collaborando per un migliore risultato; i loro occhi brillavano di quella luce che si accende quando sai che stai facendo la cosa giusta. Stavano certamente pensando a quello che avrebbero detto il lunedì seguente ai compagni e agli insegnanti che si erano persi questo avventuroso spettacolo, magari per non mancare allo struscio della domenica mattina per il corso. Salvo poi a lamentarsi di quanto è sporca questa città, ripensando con acuta nostalgia ai tempi in cui il capoluogo irpino era rinomato per la nettezza delle strade, l’aria limpida, l’acqua trasparente dell’acquedotto di Serino, che nei secoli ha dissetato gran parte degli abitanti del sud Italia e persino i legionari romani in partenza da Capo Miseno per le conquiste dell’Impero.
E adesso che cosa ci resta? Passare la domenica a raccattare rifiuti? A leccarci le ferite che ci vengono inferte quotidianamente dal furto di cittadinanza che subiamo da sempre senza ribellarci – con assuefazione – confondendolo con la normalità? Certamente no. Continueremo il nostro percorso a favore della rigenerazione ambientale del territorio nell’ottica dell’ecologia integrale, collaborando attivamente con le istituzioni e con le persone di buona volontà, anche perché preservare la Madre Terra è un dovere ineludibile di tutti. Anzi, è una questione di sopravvivenza: facciamolo per legittima difesa.
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