La gentilezza secondo Carofiglio
Totalitarismo digitale e fretta esistenziale.
Che cosa hanno in comune tra loro queste due condizioni del tempo presente?
Se riflettiamo, intercettiamo i fili sottili e le connessioni che legano questi due aspetti imprescindibili della nostra attuale esistenza.
A tal proposito, ho recentemente assistito ad un monologo di Gianrico Carofiglio al Teatro Carcano di Milano.
Carofiglio è uno scrittore che non ha bisogno di presentazioni. Uomo di legge, intellettuale raffinato e scrittore profondo, da anni si dedica alla stesura di saggi e di romanzi apprezzati da un vasto pubblico di lettori.
Il “totalitarismo digitale” non è il titolo di un suo saggio, ma quello di una delle sue riflessioni esposte durante questa interessante e inedita performance teatrale.
Carofiglio accende un faro sulla nostra “esistenza digitale e virtuale” , su questa condizione umana che influisce sempre di più sulle nostre scelte, sulle nostre azioni quotidiane, sui nostri comportamenti e che ci sta rendendo esseri complessi, ma allo stesso tempo prevedibili, nudi alla meta, omologati.
In particolare, si sofferma sul pressappochismo e sulla disinformazione – o informazione distorta – proveniente dalla rete.
Fonti non sempre attendibili, voci improvvisate, pongono l’autore di fronte al tema della scelta tra verità e senso critico piuttosto che omologazione, appiattimento, assuefazione.
La rete digitale offre la risposta più immediata e più diretta non solo alle masse, ma anche al controllo delle stesse.
La “dittatura digitale” – segnala Carofiglio – diventa tale in quanto penetra, pervade, invade ogni campo cognitivo, percettivo, strategico, fino a diventare una vera e propria dipendenza necessaria che illude di avere il controllo, il privilegio, il vantaggio, mentre in realtà non si è altro che controllati, guidati, manipolati.
L’illusione data dalla rete e in modo particolare dai social, sembra accorciare le distanze tra coloro che, senza la rete, sarebbero invisibili. Esiste dunque un filo sottile, ancorché solido, tra il concetto di “dittatura digitale” e “fretta esistenziale”.
La “fretta esistenziale “, come la definisce Carofiglio, è quella sorta di urgenza del fare, del dire, dell’esserci che si oppone alla lentezza, all’introspezione, alla riflessione. Quando la fretta diventa il senso dell’esistenza, tutto viene sintetizzato, frammentato, ridotto all’essenziale, ma non all’essenza.
Ritengo che non ci sis niente di peggio di un “essenziale frettoloso” indotto a delegare alla rete le sue opinioni, le sue decisioni, le sue scelte. La fretta esistenziale piace alla dittatura digitale quando diventa uno “status” che crea illusione di performance, abilità, superiorità.
Chi vive di fretta spesso vive anche di rete e in rete, con la presunzione di sentirsi moderno, emancipato, protagonista indiscusso e onnipotente.
In realtà si tratta quasi esclusivamente di mascherare la spasmodica e triste ricerca di consenso.
L’informazione, per esempio, vive di fretta e di rete, ed è in gara per essere sempre prima nell’offerta della narrazione, incurante della qualità delle fonti e delle voci narranti e dei danni che ciò potrà provocare.
Nella fretta esistenziale e nella dittatura digitale, la fuga dal controllo diventa “essere controllati”.
Una trappola pericolosa che porta al caos e alla deriva nella sua accezione più negativa.
Uno scenario poco allettante e condiviso ascoltando le fugaci recensioni del pubblico durante la fila per uscire dal teatro.
Tuttavia, il riscatto del positivo c’è stato a metà del monologo ed è avvenuto quando l’autore si è soffermato sapientemente sul concetto di “Gentilezza”.
La gentilezza intesa come una forma, non solo di rispetto e di elevatezza d’animo, ma anche come un efficace elemento strategico che può svoltare a proprio favore le situazioni più complesse e più contrastanti.
Non a caso, Carofiglio cita alcuni passi del famoso testo di Lao Tzu “L’arte della guerra”.
Nelle gentilezza sono compresi tolleranza, umiltà, empatia, umanità, desiderio di equilibrio e, sorprendentemente, anche auto ironia.
Aggressività, prevaricazione, impazienza, fanno parte di una umanità malata.
Senza gentilezza e senza ironia la nostra civiltà imploderebbe su sé stessa.
La gentilezza spesso spiazza, destabilizza, ma allo stesso tempo riequilibra. Cosi come l’ironia, che sa spegnere fuochi ardenti o accendere luci su nuove visioni della stessa realtà, nell’ottica della conciliazione e dell’equilibrio.
Si tratta di temi complessi e di punti di vista, ovviamente.
Come sempre, mi fermo qui e vi lascio pensare, commentare ed esplorare, augurandomi ancora una volta di avervi dato qualche spunto interessante in questo momento di grande assuefazione alle tragedie umane che ci toccano sempre più da vicino.
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