La Medicina Territoriale? Ha ragione De Luca
La missione Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede, tra l’altro, 7 miliardi per rivoluzionare la Medicina Territoriale – che è l’ambito di maggiore criticità rilevato dalla “nostra” pandemia – e per introdurre l’utilissima innovazione della Telemedicina.
Per poter fruire di questi fondi è necessario, naturalmente, un Piano-Riforma la cui competenza è del ministero della Salute. E il Piano deve essere approvato “all’unanimità” in Conferenza Stato-Regioni. Basta che una sola Regione ponga il veto e tutto si blocca. L’unica via d’uscita, in mancanza di modifiche capaci di far rientrare il dissenso, è che il governo applichi i poteri sostitutivi.
Non è una lezioncina di Politica Governativa, la qual cosa peraltro non competerebbe al sottoscritto, ma la cronaca di quanto sta accadendo: fatti che riguardano da vicinissimo la Campania, ossia la nostra Regione, perché si dà il caso che sia stato proprio ed esclusivamente il presidente De Luca a porre il veto sul Piano del ministro Speranza presentato alcuni giorni fa alla Conferenza Stato-Regioni.
Naturalmente, apriti cielo e giù fulmini, saette e una pioggia di aspre polemiche su De Luca, a cominciare dal freddo e austero pragmatismo di Letizia Moratti, assessore alla Sanità della blasonata Lombardia, cioè la Regione che più di tutte durante il Covid ha messo in evidenza la sua fragilità strutturale principalmente nella Medicina Territoriale: “Il governo ha la facoltà di poter procedere comunque – ha detto la Thatcher de noantri – e perciò vada avanti senza esitazioni; non proseguire significherebbe perdere quei sette miliardi e non ce lo possiamo permettere”.
Parole giuste, per carità. E dalle indiscrezioni che trapelano dagli ambienti solitamente beninformati pare che il governo si orienterà sulla decisione suggerita dalla Moratti, anche perché ci sono scadenze inderogabili fissate dal Pnrr, fine giugno per il caso in esame.
La cosa che però non era apparsa con adeguata evidenza nelle cronache del “fattaccio”, e che De Luca si è visto costretto a riprendere e rilanciare nel suo ultimo “Venerdì” televisivo, è la ragione che aveva indotto il presidente della Campania a contestare il Piano del ministro Speranza. Si tratta d’un problema d’una semplicità disarmante, ma alla cui preventiva soluzione è legata a doppio filo ogni possibilità di gestione della nuova Medicina Territoriale.
In buona sostanza, il ragionamento di De Luca – sintetizzato nella sua pratica essenzialità – è il seguente: quei sette miliardi servono per realizzare case di comunità, centri operativi ed altro, e per acquistare attrezzature tecnologicamente avanzate e poter disporre di modernissimi mezzi diagnostici. Epperò manca chi fa muovere questa macchina potente e utilissima: manca il personale. Eccolo qui il punto critico che non si può aggirare, fingere di ignorare o, peggio, considerare marginale. Il punto è: chi paga il personale, dove si prendono le risorse finanziarie per far fronte all’assunzione delle unità lavorative indispensabili ma non previste nel Piano Speranza?
È questa la sostanza del problema sollevato da De Luca, è qui il nodo che in mancanza di adeguate soluzioni determinerà la certezza di ritrovarsi domani case di comunità e centri operativi vuoti perché non ci sarà chi li gestisce, e allo stesso modo attrezzature tecnologicamente avanzate senza ci sia chi le usi: insomma, tanta costosissima roba – immobili e macchinari – destinata ad ammuffire, nuove cattedrali nel deserto piene zeppe di buone intenzioni, una montagna di soldi sostanzialmente derubricata a discarica.
Ora, può anche darsi che la Lombardia, il Veneto, la Liguria, l’Emilia Romagna, la Toscana e via discorrendo abbiano tanto di quel personale sanitario, parasanitario e amministrativo da potersene fregare del ragionamento di De Luca. Che dire? Beati loro. Ma è proprio così che stanno le cose da quelle parti?
De Luca ha parlato della Campania e per la Campania, com’era suo dovere fare. E se dice, come ha detto, che nell’organico della Sanità campana mancano ben 15mila addetti tra medici, infermieri, operatori sanitari con altre mansioni e amministrativi – quale persona dotata d’un minimo di responsabilità e buon senso non avrebbe sollevato il problema che lui doverosamente ha messo sul tavolo prima di battere i pugni e porre il veto al Piano di Speranza?
E allora, diciamolo: sarà pure un problema per qualcuno che De Luca abbia il “pensiero” più lungo di ministri e politici un tantino superficiali o distratti e inviti a riflettere oggi per evitare disastri domani. Ma è questo il compito di chi ha responsabilità amministrativa e politica di un territorio. Possiamo dire che il “bandito” sia De Luca e non già coloro – ossia tanti governi centrali – che da decenni, specie in ambito Sanità con la telenovela della “spesa storica”, rapinano ingenti risorse finanziarie alla Campania e più generalmente al Sud favorendo il Centro-Nord?
Suvvia, si smetta questa indigeribile ipocrisia politica!
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