San Martino: dopo l’arresto di Di Matola la Dda approfondisce gli scenari criminali

Due agguati a due esponenti storici del clan Pagnozzi, entrambi compiuti dai fratelli Di Matola. Il padre prima faceva parte del sodalizio criminale, poi le dinamiche sono cambiate fino al punto di rottura. Domani Salvatore Di Matola sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia

Sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia domani nel carcere di Poggioreale, dove è stato trasferito, Salvatore Di Matola, il 35enne ritenuto dalla procura antimafia di Napoli l’autore dell’agguato al boss di San Martino Valle Caudina Fiore Clemente. Di Matola è stato arrestato durante la mattinata di ieri presso la stazione di Napoli; braccato, senza vie di fuga, con le case dei familiari presidiate dai carabinieri del nucleo investigativo di Avellino guidati dal maggiore Laghezza, Di Matola aveva tentato di scappare fuori regione, ma è stato fermato dopo tre giorni di fuga.

Ha rifiutato di rispondere alle domande del pm antimafia Francesco Raffaele, domani avrà un’altra possibilità per collaborare con gli inquirenti e fornire la sua versione dei fatti. Gli investigatori non hanno dubbi sulla sua colpevolezza, le immagini delle telecamere di sicurezza del paese e del supermercato non lasciano spazio a possibili equivoci, la vicenda di cronaca è stata ricostruita nei dettagli. Gli approfondimenti dell’antimafia invece ora battono sulla comprensione del contesto criminale in cui si è consumato il fatto di sangue, a partire dal movente che avrebbe spinto Di Matola a sparare contro lo storico boss del clan Pagnozzi.

Secondo la ricostruzione della Dda di Napoli, Di Matola quella mattina è sceso dalla sua casa di Montesarchio, tra l’altro evadendo dai domiciliari a cui era sottoposto per spaccio di droga, armato di pistola, dunque probabilmente consapevole che gli sarebbe potuta servire; dopo aver aggredito e picchiato un giovane parente di Clemente, non ha avuto esitazioni a sparare contro il boss, intervenuto in un secondo momento.

Così come suo fratello, Gianluca Di Matola, non si fece problemi circa un anno e mezzo fa a uccidere un altro storico boss dei Pagnozzi, Orazio De Paola, freddandolo davanti alla sua abitazione, condannato per questo a 18 anni di carcere.

I due fratelli sono i figli di Giovanni Di Matola, un ex affiliato del clan, fuori da tempo dalle vicende criminali della Valle Caudina. I figli evidentemente hanno conservato l’inclinazione a delinquere del padre, e approfittando della decadenza degli storici boss del territorio, specie dopo la reclusione e condanna a 30 anni di carcere del capoclan Domenico Pagnozzi, stavano provando ad affermarsi.

Cosiddetti “cani sciolti”, senza la forza né il carisma per mettere in piedi una vera e propria associazione a delinquere, ma dediti comunque ad attività criminali in particolare lo spaccio di stupefacenti; non rispondendo a nessuno erano dalle forze dell’ordine considerati ancora più pericolosi perché capaci di tutto, anche a sparare e uccidere in pieno giorno, anche contro persone ritenute intoccabili nell’ambito della malavita.

Tra le famiglie sono stati diversi gli screzi nei mesi e negli anni precedenti, legati oltre al controllo delle attività criminali, in particolare lo spaccio, anche a vicende del tutto personali. Salvatore Di Matola dovrà ora rispondere di duplice tentato omicidio

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