Sentenza Isochimica: 4 condanne e 23 assoluzioni
Sentenza di primo grado per il caso Isochimica: condannati due dirigenti di Fs e i due collaboratori di Graziano a dieci anni di reclusione, assolti tutti gli altri 23 imputati. Risarcimenti da 50mila euro a testa per gli eredi delle vittime, condannata a pagare anche Rfi
Sei anni dopo l’inizio del processo e trentasei anni dopo la prima denuncia per la mancata bonifica del sito, Avellino ha conosciuto la prima verità sul caso Isochimica. Nell’aula bunker del tribunale di Napoli il collegio giudicante presieduto dal magistrato Sonia Matarazzo, ha letto la sentenza di primo grado che condanna, per omicidio colposo plurimo, a 10 anni di reclusione a testa i responsabili della sicurezza della fabbrica Vincenzo Izzo e Pasquale De Luca, e i dirigenti di Ferrovie dello Stato Aldo Serio e Giovanni Notarangelo.
Assolti invece con formula piena, perché il fatto non sussiste, tutti gli altri imputati, ovvero gli altri due dirigenti di Fs Mauro Finocchi e Silvano Caroti e tutti coloro che erano stati accusati, a vario titolo, di disastro ambientale, omessa bonifica e omissioni in atti d’ufficio, ovvero l’ex sindaco di Avellino Giuseppe Galasso e tutta la sua giunta di allora, composta da Antonio Rotondi, Sergio Barile, Giancarlo Giordano, Ivo Capone, Toni Iermano, Donato Pennetta, Luca Iandolo e Raffaele Pericolo; i dirigenti del comune di Avellino Luigi Cicalese e Francesco Tizzani; gli imprenditori delle ditte a cui erano state commissionate le prime operazioni di bonifica, Francesco Barbieri, Biagio De Lisa, Giovanni D’Ambrosio, Giovanni Rosti, Francesco De Filippo; i funzionari Asl Michele De Piano e Luigi Borea, l’ex curatore fallimentare della fabbrica Leonida Gabrieli, il responsabile del procedimento di bonifica Giuseppe Blasi e l’ex sindaco di Avellino Paolo Foti.
Una sentenza arrivata dopo quattro ore di camera di consiglio, tra le lacrime di attesa dei parenti delle vittime. Dei capi d’imputazione i giudici hanno riconosciuto il reato di omicidio plurimo colposo, commesso dai condannati nei confronti degli undici operai deceduti a causa dell’amianto respirato per anni all’interno della fabbrica, correlazione non riconosciuta invece per gli altri ventidue operai morti, alcuni di loro per patologie asbesto correlate, conteggiati negli anni dai colleghi.
È stato dichiarato invece prescritto il reato (contestato ai dirigenti di Fs e ai collaboratori di Graziano) di lesioni personali gravissime nei confronti degli operai a cui è stata riconosciuta la malattia professionale, che dunque non ottengono nessun risarcimento.
Risarcimento che riceveranno invece i familiari delle vittime accertate, 50mila euro ad erede, che verranno pagati in solido anche da Rfi, a cui è stata rigettata la richiesta di costituzione di parte civile anzi è stata condannata all’indennizzo: riconosciute dunque le responsabilità del gruppo ferroviario dello Stato
Anche il comune di Avellino e l’associazione Lotta per la Vita di Borgo Ferrovia hanno ottenuto un risarcimento, come parti civili, di 50mila euro.
Il principale imputato del processo, l’ex patron della fabbrica Elio Graziano, non ha conosciuto la sua sorte giudiziaria, venuto a mancare nel 2017 all’eta di 85 anni.
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