Isochimica, la storia di un dramma iniziato subito dopo il terremoto

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L’assegnazione del lotto per l’insediamento da parte del consorzio Asi nel maggio del 1982. Mission della fabbrica: produzione e messa in opera di isolanti termo-acustici “in sostituzione dei materiali in amianto e lana-vetro presenti su carrozze provenienti da officine di Ferrovie dello Stato”. A novembre dello stesso anno l’approvazione del progetto definitivo e il primo appalto per la scoibentazione di 10 carrozze. Nei successi anni il grosso delle commesse. In quei caponnoni – così come accertato dopo – si è lavorato a stretto contatto con l’amianto anche a mani nude. Il bubbone scoppia solo il primo aprile del 1988, sei anni dopo l’avvio delle attività in quella che è passata alla storia come la fabbrica dei veleni di Borgo Ferrovia: i sindacati segnalarono che la lavorazione dell’amianto stava provocando gravi danni alla salute del personale addetto ed all’ambiente, con preoccupante e diffuso allarme gli abitanti del popoloso quartiere. Prima l’incontro con l’allora sindaco Venezia poi – siamo a settembre del 1988 – la dichiarazione della giunta con la quale l’Isochimica viene definitiva industria insalubre di prima classe e a seguire l’ordinanza di sospensione delle attività. Un anno dopo, la prima perizia tecnica per l’accertamento dei livelli di inquinamento del sito. Il 4 gennaio del 1990 arriva il fallimento con sentenza del tribunale di Avellino.

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