I CAMPIONI D’IPOCRISIA DELLA POLITICA IRPINA
Il futuro prossimo – diremmo molto prossimo, dell’Irpinia come di tutte le altre province d’Italia – impone alla politica, sia nazionale che locale, comportamenti mai come ora rigorosamente appropriati: una miscela ben dosata di serietà, competenza, pragmatismo e trasparenza. Per ultimo, ma non per importanza, consiglieremmo di aggiungere la necessità di bandire dall’attività politica ogni forma di ipocrisia. La ragione di questo necessario mutamento di mentalità è tutta implicitamente contenuta nell’acronimo, diventato ormai familiare, “Pnrr”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre un largo ventaglio di opportunità di sviluppo a tutti gli angoli del territorio italiano: ne godranno maggiormente le aree in cui la politica istituzionale locale saprà fare con intelligenza la sua parte. Chi, tra i protagonisti territoriali, non capisce o finge di non capire una verità così lapalissiana, non ha scampo: o è sciocco oppure è in malafede.
Ciò premesso, proponiamo alla vostra riflessione due esempi, in qualche senso bipartisan, di quali comportamenti la politica irpina dovrebbe liberarsi per non incorrere nel rischio di offrire un pessimo servigio agli interessi della comunità provinciale in vista del Pnrr.
Il primo esempio.
La scorsa settimana il consigliere regionale Enzo Alaia ha guadagnato un paio di titoli di telegiornali e di carta stampata locali grazie ad un attacco senza precedenti all’Asl di Avellino, rea – a suo dire – di una gestione “disastrosa” della campagna vaccinale. E tanto per alcuni giorni di disagi causati dall’improvvisa esplosione di richieste di vaccinazione presso i centri allestiti nel capoluogo e in provincia. Erano gli stessi giorni in cui nell’intero Paese, e per i medesimi motivi, si erano registrate difficoltà consimili, tutte dovute al progressivo smantellamento dei centri a mano a mano che si riduceva, fino a quantità risibili, il numero di persone che chiedevano di essere vaccinate.
Insomma, il disagio decisamente casuale e provvisorio di pochissimi giorni, complice anche la pioggia, nella versione apocalittica di Alaia è diventato un ciclone di accuse irragionevoli, la proverbiale tempesta scatenata in un bicchier d’acqua senza lasciar traccia se non, appunto, un paio di compiaciuti titoli giornalistici, con il consigliere regionale “Santo subito”: lui Santo e, magari, centinaia e centinaia di medici, infermieri, personale ausiliario e volontari dell’Asl condannati all’Inferno dopo due anni di “smazzamento” nella trincea anti-Covid.
Nessuna traccia utile ha lasciato il consigliere regionale, che peraltro è presidente della commissione Sanità, come effetto della sua “ira funesta”. E, infatti, aveva chiesto per iscritto la testa del direttore generale dell’Asl al Governatore De Luca, e questi non lo ha degnato nemmeno di uno sguardo. Aveva gridato che il caso-Avellino sarebbe diventato tema di una apposita riunione della commissione Sanità da lui presieduta, ed è stato poi comunicato via giornali che per ora non è necessaria: evidentemente perché, quando Alaia si è finalmente deciso a leggere la risposta della Giunta regionale all’interrogazione del consigliere 5Stelle Ciampi, ha dovuto prendere atto con la coda tra le gambe di essersi reso protagonista di una sortita senza serio fondamento per di più dannosa.
Da qualche parte il gesto di Alaia è stato interpretato come il maldestro tentativo di utilizzare l’incidente “italiano”, non solo irpino, del disagio di qualche giorno presso i centri vaccinali come tema di campagna elettorale anti-Pd per le provinciali del 18 dicembre. Anche se fosse, ma non condividiamo questa opinione, si tratterebbe comunque della “mentalità politica sbagliata” da bandire se si vuole lavorare per il futuro prossimo e remoto della comunità irpina.
Il secondo esempio di diversa sponda politica.
Il Partito Democratico irpino, con l’avallo dello staff del Governatore De Luca, ha voluto imporre un nome per la candidatura alla presidenza della Provincia senza ascoltare preventivamente il parere di una parte dello stesso Pd e dei potenziali alleati: “Il sindaco di Montella è il candidato, nessuno deve consentirsi il lusso di discutere: questo è il nome, prendere o lasciare”. Nemmeno il garbo del minimo sindacale d’una breve presentazione. Chessò: “Il sindaco di Montella ha i seguenti particolari meriti, il suo profilo professionale e le esperienze politico-istituzionali sono tali che accettarne l’investitura è un atto indubitabilmente dovuto”. Macché. Nemmeno le sue preferenze – si fa per dire – per il Taurasi o per il Greco di Tufo è stato possibile conoscere, tale è il clima di ubriacatura democratica che vige nell’improbabile classe dirigente del Pd irpino. “Prendere o lasciare”: E c’è stato chi ha lasciato, a cominciare da Enzo Alaia, lo stesso Alaia della tempesta nel bicchier d’acqua delle vaccinazioni, che però stavolta il “Do di petto” lo ha lanciato a ragion veduta e senza “steccare”.
Con Alaia molti altri hanno imbracciato la bandiera della protesta, non contro un nome, quello del sindaco di Montella, ma contro un modo di fare: un modo di fare diventato “sistema”, intollerabile comunque e ovunque sia, a maggior ragione in un partito che ha nel nome l’aggettivo qualificativo “democratico”.
Può mai essere questo “sistema” l’approccio al futuro prossimo che impone alla politica un cambio di mentalità e di passo ispirato alla “miscela ben dosata di serietà, competenza, pragmatismo, trasparenza e bando dell’ipocrisia”?
L’ipocrisia in politica è un problema enorme. È una delle cause dell’allontanamento della gente comune dalla politica. Un problema non solo enorme ma anche gravissimo. Perché allontanamento dalla politica, indifferenza verso la politica, significa “astensione” dal voto: un fenomeno che restringe gli spazi della democrazia, fino a soffocarla. E qui ci risiamo con il Partito “Democratico”: può un Partito che si qualifica tale già nel nome assumere od anche soltanto avallare comportamenti che alimentano l’astensionismo, dunque che soffocano la democrazia?
Il sindaco di Montella candidato dal Pd alla presidenza della Provincia per volontà del Cielo e non dei comuni mortali terreni – che sono poi i sindaci e i consiglieri comunali di questa provincia, mica i marziani della sede Pd di via Tagliamento ad Avellino –, il sindaco di Montella Rino Buonopane, dicevamo, sarà una bravissima persona, dotata di eccellenti capacità professionali e competenze istituzionali, e sarà pure il meglio che il Pd poteva scegliere senza ascoltare preventivamente un po’ di base: sarà tutte queste cose e tante altre messe insieme, il sindaco di Montella. Epperò è anche, se non soprattutto, un ipocrita in politica. Perché dice che chi lo sostiene, a cominciare dal suo Pd, ha come faro illuminante la discontinuità rispetto al presidente della Provincia in scadenza, Domenico Biancardi, ben sapendo che nelle liste presentate dal Pd si leggono i nomi dei migliori e più attivi consiglieri con delega proprio di Biancardi.
Ed è un ipocrita in politica, il sindaco di Montella, perché fa campagna elettorale sventolando il vessillo dei presunti “conflitti di interesse” del suo avversario, D’Agostino – teorema strumentale ed evidentemente assunto dai soliti “cantori a cottimo” della politichetta locale – dopo essere stato per anni al seguito del deputato D’Agostino senza mai contestare né quanto meno constatare un conflittuccio d’interesse del suo ex Capo.
Ma si scopre tanta ipocrisia nella politica di questa sventurata Irpinia, dove il sindaco di Montella è soltanto un esempio perfino insignificante, se si pongono occhi e orecchi alla gesticolazione feudale e ai discorsi privi di essenza di finti leader – campioni di trasformismo – che si atteggiano a verginelli immacolati e ad improbabili pedagoghi del Verbo Democratico: ancora qui accompagnati dalla solita fanfara dei “cantori a cottimo”.
E allora la domanda, dichiaratamente retorica, è la seguente: noi poveri e disgraziati irpini dove pensiamo di poter arrivare, quale battaglia alta e nobile possiamo combattere e sperare di vincere con questa Armata Brancaleone che non fa più nemmeno divertire?
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