SUD

(F.G.) – Per l’importanza che riveste, anche alla luce dei recentissimo provvedimenti governativi sul Pnrr, propongo volentieri alla vostra attenzione un “pezzo” decisamente pregiato scritto da Emanuela Sica per “Nuovo Meridionalismo”. Ringrazio l’Editore della Rivista e la collega Sica per la gentile concessione.

 

di Emanuela Sica

Provate a sentirla, come suona dolce la “S” che si lega alla “U” per farne un intreccio morbido e poi stringersi, in un abbraccio di speranza, con la punta della lingua che, toccando leggermente i denti, richiama non solo da “D” …ma milioni di vite condensate in una parola…e che solo una parola non è.

S come sentimento che, per sua natura, non si riduce a evanescente emozione, più simile alla nuvola che passa e raffredda oppure al sole che esce a riscaldare un attimo dopo un temporale. È invece ossatura, è scheletro che mantiene insieme terra e cielo e ribalta le prospettive dell’uomo che, dalle macerie del suo vissuto, è comunque pronto a rialzarsi, rimboccarsi le maniche, lottare senza tentare la fuga. Perché il difficile arriva col restare. Scomodi e ancorati, lentamente assuefatti, al tempo che passa. Il Sud, per alcuni, è limbo di cose perdute o che non si sa dove siano state lasciate. E così, nella speranza di ritrovarle, ci si dimentica di quelle più rare rimaste, stranamente, incustodite. Per altri è una scenografia vitale, un paesaggio, acqua, aria, tramonti, salsedine, gioco di scirocco, onde che scavano storie dentro caverne e cesellano frasi sibilanti nella notte, radici di castagni e querce secolari, grano maturo e mele renette messe sotto la paglia, aghi di pino e funghi, boschi in cui lupi e selvaggina si moltiplicano come se venissero coltivati. Ed ancora S come suono, musicalità, armoniosa e felice espressione di una melodia che però non trova riscontro nella vita della Nazione: “Noi, con quella musica che nasce da una terra | che in tutta la sua storia non ha fatto mai la guerra, | noi con i “fratelli” scesi giù dal settentrione | che ci hanno “liberato” per formare una “Nazione”. | Noi sotto lo stesso tricolore, dalle Alpi fino al mare, | ma se diventiamo una questione? | La questione è meridionale1” . E poi la nota dolente S come sudditanza, sottomesso a beceri opportunisti, ai suoi stessi aguzzini, con pochi amici incapaci di rivoltarsi contro chi lo sta torturando e restano, perlopiù immobili, ad assistere alla sua lenta agonia.

U come unicità che si accompagna alle processioni dei Santi, ai ceri votivi, al battimento delle coscienze (mondate o meno dal pentimento), alle usanze, alle tradizioni, al culto dei morti, alle luminarie delle feste, alle fiere e mercati domenicali e, ancora, ai piatti che non hanno necessità di essere spiegati, quelli che parlano da soli e lo fanno con un’esplosione di sensazioni che prendono per le briglie le papille gustative e le portano dove mai nessuno è arrivato: nell’Eden dei sapori. E come dimenticare la “mappatella” sulla spiaggia o la scampagnata sui prati con la “gratiglia” sempre appresso per arrostire o “squagliare” carne e formaggi tipici e tipicamente del sud…e potremmo continuare all’infinito. U come universalità nell’accezione particolare di accoglienza, fratellanza, socialità che trova nel caffè lasciato sospeso, nella spesa solidale, nella sedia aggiunta a tavola all’ultimo minuto, nel pezzo di pane tagliato in due per darne un po’ a chi non sa cosa mettere in tavola, la sua massima espressione corale e affettiva. E poi la nota dolente, U come ultimi: “Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti2”.

D come dolore, un lemma emotivo, tagliente, vibrante ma anche un pensiero, cogitante, contorto, semanticamente distorto da secoli di saccheggi economici e sociali ai danni delle nostre terre e dei nostri abitanti ma che riesce a sopravvivere nonostante tutte le disgrazie, la povertà, le cattiverie, i terremoti, l’emigrazione, la mancata rivoluzione dei giusti a danno di pochi, o forse troppi, capibastone. D come distacco: “L’Italia non è fusa nemmeno nel male; tra noi, più che altrove, anche la criminalità è regionale: essa è di corruzione e di astuzia nel Settentrione, di violenza e di miseria nel Mezzogiorno3.”


1Eugenio Bennato, Questione meridionale, 2011
2Antonio Gramsci, su L’Ordine Nuovo, 1920
3Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano. Discorsi politici, 1880-1910, 1911

Il sud è tutto questo ma è anche altro ancora, è respiro, anima, coscienza che ancora scalcia contro il cattivo esempio della politica e dei politicanti. Elementi esistenziali, questi, che si fondono per diventare dimensione fondativa di uomini e donne che si sentono figli di una terra amata e odiata e che, tuttavia, pochi riusciranno a rinnegare perché è così simile a una madre… a un padre che mai si dimenticherà. Ma c’è ancora da scavare sotto secoli di macerie per riedificarlo, riedificarci. Alcuni, a mani nude, lo stanno già facendo…

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