SE SI SVEGLIA L’IRPINIA DEI SINDACI
Dopo un letargo durato due anni e più, i sindaci dei comuni dell’Area Vasta di Avellino si sono finalmente svegliati ed hanno fatto la cosa più semplice e scontata che potessero fare: chiedere soldi alla Regione nel solito modo confuso – diremmo “a prescindere” – con cui hanno sempre chiesto, ovvero senza un’idea ragionata e condivisa d’un obiettivo utile alla collettività di un’area – appunto – vasta.
Per carità, è decisamente già un miracolo che gli amministratori locali abbiano riaperto gli occhi. Ci sarebbe da chiedersi, piuttosto, perché non lo hanno fatto prima. Ad esempio proprio quando è cominciata l’emergenza Covid e per tutto il tempo da allora trascorso. Se avessero emesso qualche comune vagito durante i mesi in cui abbiamo sofferto la peggiore fase del dopoguerra, naturalmente al netto del terremoto dell’80, forse i nostri primi cittadini avrebbero dato una mano (invece di mettere sgambetti, ancorché involontari) alla drammatica attività di trincea del nostro sistema sanitario provinciale.
Ma tant’ è: cosa fatta, capo ha. Girare la testa all’indietro sarebbe oggi deleterio. Si commetterebbe lo stesso madornale errore – per farla breve – in cui si sta impantanando il Pd irpino alla vigilia del suo congresso provinciale: lotte intestine e personalismi, ogni tanto con l’apparizione di qualche profeta controvento vestito d’improbabile verginità, e niente idee, niente politica, niente un tantino di salutare autocritica, e men che meno di purificatrice umiltà.
È tempo di guardare avanti: qui, subito e con gli occhi spalancati. Perché l’emergenza sanitaria non è affatto finita, mentre incalza quella economica e sociale. Le prime avvisaglie non sono per niente confortanti. Il Covid ha seminato macerie su tutto il terreno delle attività produttive. La grande industria è in difficoltà, le piccole e medie aziende annaspano nelle sabbie mobili, il commercio è in ginocchio, i servizi insufficienti e inadeguati, l’Alto Calore sta lì a riassumere plasticamente il fallimento di una politica clientelare, familista, becera. E – quel ch’è peggio – l’Irpinia si appresta ad affrontare la risalita dal Covid come la dantesca “nave senza cocchiere in gran tempesta”.
É un ottimo segnale, allora, che i sindaci dell’area vasta di Avellino si siano svegliati. Sarebbe utile e urgente che facessero altrettanto i sindaci delle altre aree più o meno ampie della provincia. Ma il segnale potrà diventare azione concreta e utile soltanto se gli amministratori locali sapranno cominciare a leggere uno spartito completamente diverso da quello composto e suonato fino ad ora.
È un’impresa ancora possibile. I sindaci irpini non sono tutti la quintessenza della pagliaccesca superficialità enjoy. Ce ne sono tanti capaci, seriamente impegnati, in grado di guardare oltre la punta del campanile, sospinti da pura idealità e dall’imprescindibile energia dell’utopia. Il problema – vale sottolinearlo ancora – è lo spartito: con tutto il rispetto per l’allegria fugace che può regalare la Tarantella, questo è il tempo della Musica Classica.
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