ATRIPALDA – L’IRA DEL SABATO
Quel fiume, che da sempre attraversa l’abitato del Paese e sul quale due ponti vicini ne congiungono la parte storica e quella più nuova, ha condiviso la vita di noi Atripaldesi, quasi come un nostro concittadino chiamato Sabato.
Ricordo e rivedo tante donne che in un lontano passato (come sarebbe oggi inconcepibile) solevano lavare in ginocchio e senza vergogna, i panni lungo la riva, nell’acqua che scorreva limpida nel letto del fiume.
A volte, dopo qualche temporale, il Sabato dava anche spettacolo con la cosiddetta “piena”, che solo per breve tempo sollevava moderatamente il livello della corrente.
Ma non fu così quel giorno, allorché, per l’ira di un dio, il fiume quasi all’improvviso si gonfiò tanto da esondare, riempiendo di molta acqua tutta la piazza Umberto I e le principali strade vicine.
Ne furono invasi i piani terranei, adibiti quasi tutti a modesti esercizi pubblici. La povera merce venne ricoperta di acqua fangosa che la rese inservibile.
Vidi gli esercenti faticare a lungo, nei giorni successivi, nel tentativo di recuperare qualcosa, aiutati spontaneamente da compaesani.
Non udii lamenti come di solito sollevati per sollecitare indennizzi; vi era all’epoca silenziosa rassegnazione e bella dignità.
Per evitare il ripetersi di siffatta calamità, in tempi successivi, con lavori pubblici di notevole entità, il letto del fiume, nel tratto di attraversamento urbano, venne, mediante escavazioni, adeguatamente approfondito.
Ci chiedemmo perché il nostro Sabato avesse avuto quel momentaneo scatto d’ira così dannoso per la nostra comunità.
Riportammo soltanto un maggior “timore reverenziale” verso quel compaesano naturale, che abbiamo continuato ad amare nonostante il sopravvenuto inquinamento che, purtroppo, inevitabilmente lo tormenta.
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