DONNE, NON ELFI
Per quanto io sia convinta che ognuno è il clone solo di se stesso, dal momento che, pur nella moltitudine, siamo tutti differenti tra di noi per piccole sfaccettature o per aspetti essenziali, tuttavia credo che per lo più ogni volta che nasce una bambina, lei non lo sa, ma viene al mondo una guerriera.
Perché in un modo o in un altro, che abbiano la pelle ambrata o chiara, che siano venute al mondo a Kabul o in uno sperduto paesino dell’entroterra campano, è questo il destino riservato alle donne.
Non sono certo munite di bombe o di armi similari, ma comunque guerriere che, per il loro semplice status, dovranno presto imparare a lottare per conquistare i propri spazi, per essere rispettate; per essere libere dai veli, che siano sul proprio viso o, comunque, sugli occhi di chi le osserva, in questo mondo di disabili mentali e di cuore.
Guerriere che sin da piccole, dunque, imparano a difendersi da sguardi, scherni, pregiudizi, ma che scoprono anche di avere un’infinita forza di amare, di supportare; di custodire, un giorno, nel loro grembo ogni embrione di vita ma anche di speranza.
Guerriere che imparano a pagare ogni loro qualità.
Imparano, come delle brave “massaie” alle prese con gli avanzi del cibo, a trasformare il loro dolore in altro, spesso in qualcosa di autentico e bello.
Andrebbero protette, certe donne, perché solo loro, in quanto portatrici di profonda umanità e sensibilità, costituiscono il motore capace di smuovere davvero il mondo, quello sotterraneo, dove albergano e maturano le coscienze.
Invece sono sempre più sole. E spesso costrette a chiudersi in armature che le camuffino e devono fingere di nascondere i propri passi nelle impronte degli uomini per tentare di raggiungere obiettivi dignitosi e di non soccombere.
Ma voi li osservate mai gli sguardi delle donne?
A me capita spesso di farlo e di leggervi quel che in fondo credo sia anche nei miei.
Io vedo sogni e determinatezza negli occhi delle giovani generazioni. Qualità che con fierezza resistono nelle donne di qualunque età, ma a cui si affiancano poi anche sofferenza, rabbia, sconforto.
Perché in fondo le donne sono guerriere, ma non elfi!
Ed è per questo che nel tempo sul loro viso compaiono la delusione, il senso di impotenza, di stanchezza, tradite come sono, talora, dalla vita e dalla spietatezza di tanti.
Stanchezza dovuta non solo al peso dei loro terremoti interiori, delle lotte quotidiane nei difficili rapporti interpersonali, ma anche al peso dei destini delle donne che non ce l’hanno fatta, di chi viene ammazzata con 20 coltellate (perché tre magari non bastano), della madre anziana fatta a pezzi dal figlio e gettata tra l’immondizia, di chi in un mondo lontano dal nostro viene relegata tra quattro mura ed esclusa dalla vita sociale.
È un fardello troppo pesante quello che in un modo o in un altro portiamo per il solo fatto di essere donne e che diventa ancor più greve per la mancata solidarietà e complicità persino tra di noi.
Ma nonostante tutto, noi non dovremmo mai desiderare di omologarci al comportamento maschile, apprezzabile sotto differenti punti di vista.
Noi, nonostante le maggior fragilità, abbiamo i nostri punti di forza da dover trasmettere ai nostri figli e a chi ne ha bisogno. Siamo montagne, con le nostre frane ma formate da rocce solide in un mondo che ha bisogno di uomini e donne come del cielo e della terra.
Dunque, per quanto io per prima a volte senta il bisogno di chiedere scusa per le mie momentanee fragilità, per la tristezza e la stanchezza d’animo da cui a volte sono profondamente pervasa, in fondo poi, mi ripeto che come tutte sono solo una guerriera, una “massaia”, insomma una donna, ma non un elfo!
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