LETTERA A ERIO MATTEO, LOCALITÀ “PARADISO”

(F.G.) – C’è una ragione profonda e indubitabile se la scomparsa di Erio Matteo – funzionario del Senato della Repubblica, già sindaco di S. Angelo dei Lombardi, pubblicista e saggista – ha lasciato un vuoto incolmabile in quanti, tantissimi, lo hanno conosciuto, frequentato, apprezzato. La ragione è che Erio ha condotto una vita esemplare, giorno dopo giorno, sempre, fatta di impegno civile e sociale, di rettitudine morale, di altruismo, insomma di concreta, palpabile cristianità.
Ho chiesto alla collega Emanuela Sica di scrivere ad Erio una delle sue Lettere Immaginarie. L’ho letta, ho provato grande commozione, l’ho trovata più vera di qualsiasi frutto della più fulgida immaginazione. E ho voluto titolarla nel modo più semplice, aggiungendovi, come “indirizzo”, la naturale destinazione per una Persona dallo spessore umano straordinario qual è stata Erio Matteo.

 

– di Emanuela Sica –

“Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino. Poi la strada la trovi da te. Porta all’isola che non c’è”.

Lasciami pensare che, quando sei arrivato, un vecchio amico ti abbia raggiunto proprio davanti al grande portone di bambù e lillà, non tanto sorpreso nel vederti. E, una volta entrato, con un sorriso di confidenza, ti abbia invitato a prendere un caffè dopo la frase d’esordio: “Erio, ai giornali ci ho pensato io…”.
Poi l’abbraccio fraterno. Uno di quegli abbracci in cui ci si ferma giusto il tempo di buttare fuori il dolore del trapasso, smuovere i muscoli irrigiditi, ripartire da zero per raggiungere l’infinito, la vita nuova, in pochi secondi. Da quel momento in poi ogni orpello del mondo cade verso l’oblio, compresa la sofferenza emotiva, la pelle, l’impalcatura delle ossa, il corpo fisico si trasforma e si fonde in una luce che riflette la bellezza e grandezza dell’anima, la sensibilità verso i mali del mondo, la visione che va più in là delle apparenze, la carica dinamica della conoscenza, la sfavillante essenzialità dell’io non ridotto a puro egoismo ma simbolo karmico di essere “di casa nel mondo”, anche quello più variegato e umile. Quello per intenderci degli ultimi, o quello senza prosopopea e senza infamia. Semplice ed essenziale come un respiro. Un respiro che si innesta nel grande gioco dell’universo capace di creare intere costellazioni con i suoi figli migliori. Qui nessuno si perde. Tutti si ritrovano nel cerchio dell’oltre vita, amici, familiari, amori… e, solo di notte, diventano stelle.
Ed è proprio lì, nell’isola che non c’è o nel Paradiso o, come la chiamo io, nell’isola dei giusti, che arriva chi ha lasciato un insegnamento sulla terra, un vuoto incolmabile nei cuori, una lunga scia di pensieri, idee, scritti, progetti, azioni positive.
Di questa materia sono fatti gradini che compongono la scala che serve per arrivare fin lassù.
È un viaggio complicato però, difficile da intraprendere. Non è per tutti. I materiali di cui è fatta si creano e si incasellano nei passi mossi in vita, nella strada scelta; nella dignità della mente; nell’etica del fare; nella cultura profonda e radicata nell’intimo, scevra dalle inutili cattiverie e critiche spurie; nella sensibilità mostrata verso chi soffre o, come direbbe qualcuno, “che ha passato un guaio”; nella dolcezza di parole dette sempre per il bene; nella capacita di edificare e non distruggere; nell’amore per la propria terra e in quell’indissolubile legame con le radici della storia; nell’impegno civile come modus vivendi e agendi. Probabilmente la vera spinta a quella strabiliante salita parte da lontano, parte dall’essere “un uomo perbene”, quella rara sostanza umana di cui il mondo è spesso carente e dove sovrabbondano forme e abiti d’occasione. In quell’isola il sole accarezza l’essenza purissima dei “giusti” con la stessa delicatezza di una goccia di miele, improvvisa, sulla pelle mentre il vento accompagna i fluttuanti passi su tappeti di nuvole e tiepida primavera. In quell’isola le lucciole tracciano scie di sogni in cui potersi tuffare per ricongiungersi con chi si è lasciato sulla terra.
In quell’isola i ricordi diventano pioggia che cade a bagnare l’arsura che attanaglia il mondo dei vivi. Desertificato com’è dall’ipocrisia e dall’adulazione postuma. E quella pioggia, se da un lato lava le storture, dall’altro nutre la sofferenza di chi non si capacita di quella morte. Così inverosimile e irreale per i più… ma profondamente necessaria per chi “soffriva troppo”.
Per tutte queste ragioni, caro Erio, tu sei quel giusto che è tornato nel mondo dell’oltre grazie alla materia di cui era fatto il tuo cuore unito alla mente libera, solida nella rara intelligenza, germogliante nella sensibilità e attenzione ai drammi del nostro tempo.
E se l’involucro del corpo riposa all’ombra dei cipressi, il tuo essere etereo è ora “bilocato” in due universi paralleli. Nei pensieri dei tuoi amici, dei tuoi familiari, di chi ti ha voluto bene, sotto forma di ricordi felici, lieti come un soffio di scirocco, e nell’isola misteriosa sotto forma di luce, una rilucente stella, nella costellazione dei migliori.
Ed è solo questo pensiero che consola.

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