Beati i poveri di sensibilità

(F.G.) Oggi cedo volentieri il mio spazio degli editoriali a Emanuela Sica. Leggete il suo “pezzo” e vi troverete motivi a sufficienza che spiegano la scelta

 

di Emanuela Sica –


Stavolta questa lettera la scrivo senza dover immaginare il destinatario perché potrebbe colpire tante persone così come non colpirne alcuna. Questo dipende, ovviamente, da diversi fattori. Il primo è la cognizione che ognuno ha di se stesso. Il secondo aggiunge una chiusura (o apertura, dipende dai punti di vista) al testo espresso: lo spirito critico rispetto alle proprie azioni e/o omissioni.

Allora scrivo a quelli che hanno un’inequivocabile “saccenza” e “cultura” immaginaria costruita su basi “solide” tipo Wikipedia, Google e altre “fonti” prese nella sconfinata “pattumiera” della rete. Vorrei parlare a quella pompa idraulica che gli è stata inserita nel petto e che li fa sentire, sembra assurdo dirlo, più leggeri di una piuma. Perché quello è, sì, un muscolo cardiaco, che assolve perfettamente al ciclo vitale, ma è incorruttibile rispetto ad una patologia di cui, oggi, alcuni soffrono (me compresa) e che prende il nome di “sensibilità”. Potrei azzardare che tali “personaggi” sono sicuramente vaccinati ed hanno un green-pass utilissimo a non fargli esplodere il fegato, però attenzione, provo a fare un passo oltre lo scontato, oltre la critica. Criticare, del resto, sarebbe del tutto inutile in confronto alla sordità dell’ego. Conosco “insensibilità” talmente elevate che non proverebbero dolore neppure stringendo un filo spinato. Evidenzio soltanto che il resto del mondo, i sensibili, quelli che per un “nonnulla” (direte voi) si disperano, si emozionano, si pongono dubbi e problemi esistenziali, che hanno una coscienza, sono così “scemi” da vivere male, da sentirsi inadeguati ad “esistere e resistere” in un mondo che gira al contrario. Sono “scemi” quelli che si sentono orfani di giornalisti come Giancarlo Siani ed Enzo Biagi, di giudici come Falcone e Borsellino; quelli che restano attoniti davanti alle immagini del Ponte Morandi che cade in diretta Tv; quelli che si buttano in mare per salvare dei disperati; quelli che si frappongono davanti al bullo di quartiere per dire basta; quelli che scelgono l’onestà piuttosto che la convenienza; quelli che si rifanno al merito piuttosto che alla raccomandazione; quelli che non scendono a compromessi; quelli che rammentano cosa sia stato “davvero” l’agonia di un popolo sotto il fascismo; quelli che si cibano, per dirla tutta, di etica e morale come pane e companatico.

E invece io dico: beati i poveri di sensibilità. Beati quelli che davanti a una tragica notizia di cronaca, le cui scene sono state riprese dalle telecamere, continuano a guardare con estrema attenzione, senza mutare nell’espressione, mentre leccano un gelato al “cioccolato” che stranamente gli somiglia. A quelli “scemi” si sarebbe chiuso lo stomaco. Beati quelli che, nel leggere dell’ennesimo naufragio, con migliaia di morti, dispersi e bambini annegati tra i flutti del mare, vanno a dormire sereni come angioletti, senza alcun turbamento. A quelli “scemi” sarebbe passato il sonno. Beati quelli che davanti ad un uomo morto per mano di un pistolero, dicono il rosario per l’uccisore e non per la vittima, parlando (a vanvera) di legittima difesa. A quelli “scemi” sarebbe venuto in mente solo di poggiare un fiore sulla tomba del malcapitato e stare in silenzio. Beati quelli che dimenticano i morti di Covid, con la stessa velocità con cui si dimenticano le formiche pestate per sbaglio in strada e poi dicono, con alcolica baldanza, “Non ce n’è covidde”. A quelli “scemi” semplicemente sentir citare “Bergamo” richiamerebbe un lutto universale e nazionale che difficilmente si potrà arginare nella vastità del dolore che esprime. Beati quelli che, davanti all’ennesima condanna per corruzione, finanziamento illecito, mafia, o strage… si grattano il sedere mentre giocano a bigliardino per poi continuare a votare quelle stesse persone che, magari, hanno cambiato soltanto le loro casacche. Quelli “scemi” avrebbero bruciato la tessera elettorale, piuttosto che votarli. Beati quelli che, nella città dove non batte il sole se “Egli” non vuole, non provano disgusto a baciare le mani di chi gli offre qualche straccio di lavoro in nero, senza tutele e senza diritti. A quelli “scemi” sarebbe partito l’embolo e il vomito. Beati quelli che davanti a un tentativo di violenza o aggressione si girano dall’altra parte, pensando a fare shopping perché ci sono i saldi. Quelli “scemi” avrebbero “pigliato” sicuramente mazzate ma (forse) sventato l’aggressione. Beati quelli che cambiano partito come un indumento intimo e restano ciechi davanti alle evidenze ideologiche, apprezzando quelle estremiste, che fanno sfregio dei diritti altrui. Quelli “scemi” stanno ancora piangendo davanti alle tombe di Moro e Berlinguer. E potrei continuare all’infinito… eppure al troppo ci deve essere un limite, anche letterario.

Pessoa sosteneva che “Nella vita attuale il mondo appartiene solo agli stupidi, agli insensibili e agli agitati. Il diritto a vivere e trionfare oggi si conquista quasi con gli stessi requisiti con cui si ottiene il ricovero in manicomio: l’incapacità di pensare, l’amoralità e l’ipereccitazione.” Io concludo: beati i poveri di sensibilità perché è di essi il regno del “gelo”. Per quelli “scemi” la condanna è “il caldo” delle passioni. Amen.

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