I Vandali
Mentre si avvicinava la fine dell’Impero romano d’occidente (476 d.C.), tra il complesso dilagare delle invasioni barbariche, l’avanzare degli Unni nell’Europa centrale ed il ritiro delle legioni romane dalla Gallia (per opera di Stilicone, all’epoca delle invasioni gotiche) provocarono anche l’irruzione, in Gallia e in Spagna (406 d.C.), di varie popolazioni germaniche (Burgundi, Svevi, Vandali, Alani). Di queste, i Burgundi si insediarono in Gallia, nella regione che da loro si denominò Borgogna (413 d.C.), mentre gli Svevi, i Vandali e gli Alani entrarono in Spagna.
Qui gli Svevi, si fermarono nella Galizia e nella Lusitania (Portogallo), i Vandali invece, fusi con gli Alani, fondarono, nella regione del Guadalquivir, un regno denominato “Vandalùsia, ancor oggi ricordato col nome di “Andalùsia”.
Poco tempo dopo i Vandali, spinti dai Visigoti (che stavano passando dalla Gallia in Spagna), si trasferirono, sotto la guida di Genserico, nell’Africa settentrionale, dove fondarono un proprio regno.
Intanto la Britannia, abbandonata anch’essa dai romani, veniva occupata dagli Angli e dai Sassoni, provenienti dalle regioni dell’Elba.
Sui confini del morente impero romano d’occidente, si affacciarono anche gli Unni, guidati dal feroce Attila (c.d. “Flagello di Dio”). Essi dapprima invasero la Gallia, ma furono sconfitti ai campi Catalauni e costretti a lasciare il territorio (451 d.C.”) da Ezio, l’ultimo dei grandi generali romani. Si spostarono, allora, nell’Italia Settentrionale (452 d.C.), distruggendo Aquileia. Ma poi, sul Mincio, con l’intervento carismatico di Papa Leone I in un’ambasceria inviata dall’Imperatore, il terribile Attila venne indotto a ritirarsi oltr’Alpe e l’anno successivo (453 d.C.) morì, lasciando solo un ricordo di sanguinoso terrore, atteso che si dissolse anche il suo vasto dominio.
Intanto i Vandali, sempre guidati da Genserico, munitisi di una flotta, imperversando in mare, conquistarono la Sardegna, la Corsica e le Baleari e, nel 455 d.C., appena finita l’oppressione degli Unni, effettuarono, con azione improvvisa, un terribile saccheggio di Roma, facendo perfino prigioniere l’imperatrice, Eudossia (vedova di Valentiniano III) e le figlie.
Tuttavia la loro flotta venne poi sconfitta dal generale barbarico Ricimero.
L’impero romano era intanto, nella sua agonia, pervenuto al suo ultimo ventennio, durante il quale, col predominio di generali barbarici, si avvicendarono ben dieci imperatori. Ricimero ne nominò e depose parecchi. Oreste depose l’imperatore Giulio Nepote e lo sostituì col proprio figlio Romolo, detto Augustolo; Odoacre, venuto in Italia, sconfisse a Pavia e fece uccidere Oreste, governando poi personalmente, senza nominare alcun successore a Romolo Augustolo.
Così finiva, quasi in silenzio, nel 476 d.C., il glorioso impero romano d’occidente.
A riguardo dei Vandali, è stato rilevato (v. Paolo Mieli, “Vandali brava gente”) che il Vescovo Lorenese Henri Baptiste Gregoire, parlando alla Convenzione durante la rivoluzione francese, il 31 agosto 1793, per primo associò il nome dei Vandali, già scomparsi milleduecento anni prima, al concetto di furia cieca e devastatrice; e che da allora il giudizio non è mutato, mentre non si sono considerate, ad esempio, le più gravi gesta dei Lanzichenecchi spagnoli e tedeschi che nel 1527, agli ordini di Carlo V, violentarono Roma depredando templi e chiese e accanendosi contro inestimabili capolavori d’arte.
Si è ciò spiegato col considerare che i “cronisti cristiani” diedero dei Vandali un’immagine a tinte fosche per mettere meglio in evidenza il “martirio” a cui fu sottoposto il popolo della Chiesa; ma anche e soprattutto perché i Vandali ebbero l’audacia di mantenersi fedeli al proprio credo eretico.
Infatti, mentre i Visigoti finirono col convertirsi in massa al cattolicesimo ed il re ostrogoto Teodorico, pur non abiurando l’eresia ariana, adottò una politica tollerante nei confronti dei cattolici, e perfino Attila, l’unno selvaggio, piegò la testa davanti al pontefice Leone Magno, invece il re vandalo Genserico persistette orgoglioso ed inflessibile nel suo “arianesimo”.
“Pertanto la colpa dei Vandali non sarebbe stata quella di essere particolarmente feroci nelle devastazioni, bensì quella di essere rimasti fedeli all’eresia di Ario, già sconfitta nel 325 al Concilio di Nicea, che “affermava la dipendenza del Figlio dal Padre e negava gli attributi divini e la stessa natura divina del Figlio”.
Tuttavia i Vandali, secondo Schreiber, “anziché ignari di ogni forma di civiltà, costituivano un anello fondamentale della più antica catena di scambi commerciali tra il Baltico ed il Mediterraneo”. Avevano inoltre una ricca attività artigianale che realizzava pregevoli vasi e coppe di ceramica oltre ad oggetti ornamentali ed attrezzi metallici. Ebbero altresì un periodo storico importante sotto il re Godigiselo, suo figlio Giunderico e soprattutto l’altro figlio, avuto da una concubina, Genserico”.
Sotto la guida di quest’ultimo si attuò la grande impresa del trasferimento dell’intero popolo in Africa (3429 d.C.). Certamente vi furono, da parte dei Vandali, anche scorrerie, occupazioni ed efferatezze, da qualche storico pure ridimensionate, ma Genserico mirava a Roma e qui papa Leone Magno, che pure era riuscito, nientemeno, a fermare Attila, nulla poté contro di lui; di tal che, nel maggio-giugno 455 d.C., la capitale dell’impero romano fu dai Vandali messa a saccheggio.
Ma, a tal riguardo, è stato prospettato che la “ricerca di Schreiber rivela che le cose andarono molto diversamente da come tramandato dagli storici”; “I Vandali agirono con calma competenza professionale. Percorsero l’una dopo l’altra le vie di Roma, tratto per tratto, ogni squadra seguita da veicoli sui quali caricare il bottino; poi colonne interminabili di carri aperti e coperti imboccarono la via Portuense per andare a riempire le capaci stive delle navi. Tutto ciò che non serviva a questo scopo venne risparmiato e non si ebbero a deplorare episodi di violenze e di stupri”.
Può tuttavia, in contrario senso, osservarsi che un saccheggio, anche se attuato con ordine, oculatezza e senza superflue violenze, non perde per questo la sua caratteristica di odioso ed illecito sopruso, rimanendo comunque un saccheggio, così indice di barbarie.
È pur vero, però, che viene anche riferito che “il regno nordafricano dei Vandali fu contraddistinto da una modernissima ripartizione delle terre, da un altrettanto moderno sistema di tassazione; la vita si svolgeva in residenze campestri di stampo feudale. Fiorirono i teatri, ci fu perfino una fioritura di poeti”.
Questo regno durò fino al 533 d.C., quando, sotto il regno di Gelimero, fu completamente distrutto dall’armata bizantina guidata da Belisario ed il popolo dei Vandali sparì definitivamente dalla storia.
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