Le vaccinazioni e il nostro italico “bordello del presunto sapere”
La notizia, in prima battuta, la diede il Corriere Della Sera martedì 8 giugno, attraverso una propria elaborazione, e fu rilanciata e approfondita da Il Mattino il giorno dopo. Venerdì scorso la conferma ufficiale è arrivata con i dati della campagna vaccinale gestiti direttamente dal commissariato retto da Figliuolo. In estrema sintesi si tratta di questo: se si mantengono gli attuali ritmi di somministrazioni settimanali, la Campania realizzerà l’immunità di gregge entro il 20 agosto e sarà la prima regione italiana a raggiungere l’obiettivo. Ad oggi, e in costanza già da circa due mesi, è comunque la regione che ha fatto registrare la migliore performance, superando perfino il target di dosi fissato dal commissario, e distanziando di oltre dieci punti percentuali i risultati conseguiti da Puglia, Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, ossia delle sei regioni che figurano nel gruppo di testa della classifica.
Ora, lo avesse elaborato De Luca il quadro testé riassunto, di certo Crozza non avrebbe perso l’occasione per una delle sue esilaranti parodie nelle vesti dello “Sceriffo”. In effetti, mesi fa il governatore si era lanciato nell’ottimistica affermazione della Campania “Covid free” prima di tutti in Italia. E non furono in pochi, a cominciare dalle firme napoletane del Corsera, ad usare l’ironia dissacrante per sottolineare che mai e poi mai egli avrebbe potuto cogliere l’obiettivo.
Stavolta la certificazione del primato è arrivata da uno che non può essere sospettato di simpatizzare per il presidente della Campania, ovvero da quello stesso Figliuolo che avrebbe mille motivi per consumare vendette nei confronti di De Luca, dopo che questi – molto inopportunamente – in più occasioni ha dato fondo alla sua vena sarcastica per ridicolizzare il commissario-Generale che attende ai suoi compiti istituzionali “civili” in tuta mimetica invece che in giacca e cravatta. Ma qui siamo alle sfumature.
Il dato di fatto essenziale è che De Luca torna protagonista nella lunghissima vicenda Covid, ed è significativo che ciò accada nel contesto della madre di tutte le battaglie dell’emergenza pandemica: la necessità di uscire al più presto dal tunnel dei contagi per avviare nelle migliori condizioni possibili l’altra guerra alle porte, ossia la devastante congiuntura economica e sociale che – ahinoi! – è soltanto all’inizio. Forse l’esperienza già vissuta nei 15 mesi trascorsi dall’insorgenza ufficiale del Virus dovrebbe indurre un po’ tutti, in ogni campo di attività pubblica e privata, ad essere più cauti nei giudizi sull’operato delle nostre istituzioni, e a mettere da parte per il tempo necessario le guerre politiche, visto che ne abbiamo già una molto seria e impegnativa da affrontare e vincere. Ma questa è un’altra storia, sarà compiutamente trattata in separata sede.
Ora, piuttosto, vale sottolineare due aspetti della campagna vaccinale che non pare stiano avendo adeguata attenzione. Il primo riguarda proprio i toni forse un po’ troppo ottimistici che si stanno usando circa il raggiungimento dell’agognata immunità di gregge. Il Generale Figliuolo ha detto che entro settembre saranno vaccinati otto italiani su dieci, naturalmente riferendosi ai cittadini “vaccinabili”, ossia agli over 12. Sarebbe un risultato eccellente.
Ma c’è un però. Il calcolo previsionale è viziato dall’assenza di una variabile che potrebbe rivelarsi molto insidiosa nel computo della percentuale reale dei vaccinati. La variabile si riferisce al numero di persone che non hanno ancora espresso la volontà di immunizzarsi.
In Campania si parla del 20-25 per cento di over 12 non ancora presenti in piattaforma, dati sostanzialmente in linea con la media nazionale. Gli Open Day organizzati dalle Asl nelle cinque provincie stanno facendo recuperare punti, ma l’obiettivo non è a portata di mano. A rendere più critico il contesto è l’ultima tegola AstraZeneca, che sta scoraggiando gli indecisi, anche – se non proprio soprattutto – a causa delle scandalose (ed ormai quotidiane) contraddizioni di scienziati e istituzioni sanitarie circa le fasce di età “raccomandate” per l’uso del vaccino anglo-svedese. E va detto: indigna l’insostenibile assenza di pudore del Comitato tecnico scientifico, che da un giorno all’altro cambia opinione sui protocolli senza fornire uno straccio di spiegazione e, in modo particolare, senza mai chiedere scusa. È un comportamento analogo a quello tenuto da scienziati, o presunti tali, che a furia di rimirarsi dopo le apparizioni a pagamento sui canali delle Tv nazionali, dimenticano ciò che avevano detto nella precedente puntata e improvvisano nuove teorie, “regalano” suggestioni diverse, accendono inedite illusioni: insomma, l’animazione di un “Bordello del finto Sapere” che equivale ad una vera e propria presa per i fondelli.
Quando De Luca racconta – come ha fatto venerdì scorso – del suo totale smarrimento nella ricerca dell’interlocutore “romano” in grado di dire con certezza come comportarsi al cospetto dell’ennesimo, chiacchierato capitolo AstraZeneca, egli non fa altro che interpretare il sentimento della gente comune dinanzi allo spettacolo del nostro italico “Bordello del Sapere”. Sicché la domanda che viene spontanea è perché mai – noi malcapitati cittadini – oltre al Virus dobbiamo sopportare anche i Virologi e tutti gli altri “Logi” chi siedono nel Cts o sulle poltrone degli studi televisivi, addirittura ben pagati per raccontarci cose che essi stessi smentiscono nell’arco d’un mattino.
Il secondo aspetto della campagna vaccinale cui si sta dando un’attenzione praticamente uguale a zero è la verifica dell’efficacia del vaccino sui singoli soggetti. Fonti scientifiche calcolano intorno al 7 per cento il numero dei “Non responders”, i soggetti che dopo un congruo tempo dalla somministrazione del farmaco non sviluppano anticorpi e molto probabilmente non sono protetti. Rispetto ai “Non responders” i protocolli ufficiali – non è un gioco di parole – si comportano esattamente allo stesso modo: “Non rispondono”, non dicono cosa bisogna fare e quando. Talché i malcapitati di questa sventurata categoria vengono automaticamente collocati “tra color che son sospesi”: gravemente sospesi nel limbo del dubbio, né il paradiso della protezione dalla malattia né l’inferno dell’infezione.
Ora, dal momento che il 7 per cento non si può considerare un numeretto senza significato, esso rappresenta un’altra significativa quantità di persone che si aggiunge alla base No Vax e fa salire sensibilmente la percentuale di vaccinati necessaria per il raggiungimento dell’immunità di gregge. Non solo. Poiché il protocollo non prevede alcun obbligo del test anticorpale per i vaccinati, tra i “Non responders” ci può essere un numero anche molto alto di soggetti anziani, ovvero di quella fascia di età che è a maggior rischio di effetti letali della malattia e che ha finora contribuito per il 90 per cento all’ecatombe degli oltre 127mila morti Covid in Italia.
Non sarebbe ora, prima che si faccia troppo tardi, di prendere in seria considerazione questo profilo della campagna vaccinale, tuttora assente nei protocolli, e dare risposte al problema dei “Non rispondenti”? Ad esempio – e ne scrivo con cognizione di causa – non meritano risposta gli anziani che dopo oltre 60 giorni dalla prima dose di vaccino AstraZeneca hanno potuto verificare di non aver sviluppato anticorpi? Non sarebbe opportuno somministrare a questi soggetti un vaccino diverso da quello della prima dose come si è deciso di fare per gli U60?
Il paradosso, ai fini pratici, è che stiamo molto opportunamente proteggendo dal Virus perfino gli adolescenti, che comunque non corrono rischi di letalità se si infettano, e lasciamo “sospesi” gli over 60-under 80 “Non responders” che si sono sottoposti al vaccino senza batter ciglio e che appartengono alla fascia di età più presente nel lunghissimo elenco di italiani morti per Covid.
Al di là delle risposte che non verranno dal nostro “Bordello del Sapere”, forse si può almeno convenire che in questa operazione, oltre alla volontà di fare, sta mancando l’intelligenza del cosa fare. E non è roba da poco conto.
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