L’emergenza denatalità e l’eccellenza irpina di PMA (il caso “Landolfi” di Solofra)

– di Francesco Finelli* –

Gli ultimi dati ISTAT mostrano che le nascite nel nostro Paese sono al minimo storico dai tempi dell’Unità d’Italia.
In Italia le culle sono sempre più vuote ma la colpa non è solo del lavoro e delle scelte di carriera, come si sente spesso dire. L’ultimo rapporto ISTAT dice che nel 2020 il nostro Paese ha toccato il minimo storico di nascite e che gli effetti del coronavirus hanno amplificato la tendenza: i problemi di fondo sono legati alla precarietà del lavoro e alla paura del futuro. Se il lavoro non c’è si aspetta a mettere su famiglia e gli effetti del Covid aumentano l’insicurezza delle coppie sia dal punto di vista economico che psicologico, Con il risultato che i genitori sono sempre meno e sempre più anziani, in un Paese con meno bambini e adolescenti. Nel 2020 gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404mila, quasi 16mila in meno rispetto al 2019.Le donne hanno in media il primo figlio a 32 anni, gli uomini a circa 35 anni. L’aumento dell’età materna, soprattutto, acquista enorme importanza, ripercuotendosi negativamente sulla capacità generandi.
Ci troviamo di fronte ad una vera emergenza legata alla denatalità!
Già prima che la storia dell’uomo venisse scritta, la sterilità coniugale iniziò a rappresentare un problema vissuto in chiave drammatica in soggetti senza figli. Sono passati oltre 2000 anni dal pensiero di Platone 429 a.C.: “La creatura mortale ha una particella di immortalità, la capacità di generare”, a quello di W. Masters (1970 d.C.): “Il controllo delle nascite e l’importanza della famiglia sono le ultime ricomparse di una società illuminata…”, ma il vecchio problema del matrimonio sterile causa di profonda infelicità e angoscia della coppia, in alcune realtà non è stato ancora opportunamente ed adeguatamente affrontato. L’esatta incidenza delle unioni involontariamente sterili oramai è valutata in circa 20/30 % o approssimativamente in un matrimonio su cinque.

Il Parlamento Europeo, a correzione della risoluzione del 14 marzo 1997, e della risoluzione del 12 marzo 1998, ed ancora della risoluzione del 15 dicembre 2000, propose una nuova risoluzione “Sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni”, esprimendo la propria sorpresa che la Commissione “Libro Verde” menzionasse solo marginalmente gli aspetti di politica sanitaria connessi ai cambiamenti demografici.

Per comprendere l’apporto medico al problema, vale ricordare che il 4% delle nascite in Italia proviene da tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
Le procedure di PMA sono state oggetto negli ultimi anni di un attento lavoro d’ordinamento e disciplina sia da parte dell’autorità centrale (Legge 40/2004), Linee guida Ministeriali Luglio 2004, Decreto Ministero della Salute del 7/10/2005 che delle Regioni in via autonoma (DPRG 518/2003) ed attraverso la Conferenza dei Presidenti delle Regioni 11 novembre 2004. Le donne coniugate potenzialmente fertili(età 20-22 anni), solo residenti in Campania sono circa 600.000, circa il 10% di quelle che cercano una gravidanza, non riesce a concepire naturalmente nel primo anno di tentativi per vari fattori. Valutazioni effettuate da Istituti di ricerca indicano che circa il 50% di queste accede a consultazioni mediche per la risoluzione del problema e circa la metà di queste, ogni anno, riceve almeno un trattamento medico, chirurgico o di Procreazione assistita. Si rammenta che tali dati sono di incidenza e pertanto il numero complessivo di coppie che ogni anno si sottopone a trattamenti deve tenere conto anche di quelle che persistono nella condizione di sterilità (oltre, naturalmente, a quelle che invece desistono dai trattamenti. La stima pertanto che si può, con larga approssimazione, realizzare per la Regione Campania è che ogni anno per patologie riproduttive circa 2.500 donne sono trattate(per più cicli terapeutici) con terapia chirurgica, 6.000 con terapia medica e circa 5.000 con procedure di PMA. A questi dati occorre inoltre aggiungere i casi di trattamento medico o chirurgico delle patologie maschili.

Per meglio rendere l’idea di come il fenomeno sia di rilevanti dimensioni sanitarie, appare opportuno fornire il quadro, di qualche anno addietro, rappresentativo dello scenario in Italia, in Campania ed in Irpinia.
IN ITALIA:
Donne 20-44 anni:10.461.000.
Donne 20-44 anni sposate:6.053.475.
Donne 20-44 anni infertili:605.348.
Donne 20-44 anni infertili desiderose di prole:566.000.
Donne che cercano aiuto:227.793.
Donne che ricevono un trattamento:125.970.
IN CAMPANIA:
Donne 20-44 anni:1.092.147.
Donne 20-44 anni sposate:655.288.
Donne 20-44 anni infertili:65.528.
Donne 20-44 anni infertili desiderose di prole:58.975.
Donne che cercano aiuto:35.385.
Donne che ricevono un trattamento:14.154.
IN IRPINIA:
Donne 20-44 anni:77.840.
Donne 20-44 anni sposate:46.704.
Donne 20-44 anni infertili:4.670.
Donne 20-44 anni infertili desiderose di prole:4.203.
Donne che cercano aiuto:2.522.
Donne che ricevono un trattamento:1.008.

Per il trattamento di tale fenomeno, sul territorio nazionale sono in attività numerosi centri di PMA, per la maggior parte a gestione privata.
Presso l’Azienda Ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino, quindi quale Struttura Pubblica, è operativa l’Unità di Fisiopatologia della Riproduzione-Sterilità di Coppia, prima come struttura di I livello dal 1994 (già presso la sezione staccata di Via Due Principati “Ospedale Capone”), dal 2003 come Struttura Dipartimentale,e successivamente dal 2005 quale struttura di III livello presso la Città Ospedaliera,con tutti i requisiti strutturali,strumentali e di personale per l’autorizzazione alla erogazione di prestazioni di procreazione medicalmente assistita. In tutti questi anni tale Unità Operativa ha raggiunto standard di risultati sempre più esaltanti, tanto da divenire Centro di Riferimento Nazionale per la crioconservazione dei gameti maschili e femminili, anche nei soggetti oncologici, prima dei trattamenti radio-chemioterapici, per la conservazione della fertilità, infatti può rendersi necessaria prima di somministrare cure chimiche o radiologiche che possono avere come effetto collaterale la sterilità del paziente. La crioconservazione dei gameti, in particolar modo di quelli maschili, è un metodo per preservare la capacità riproduttiva del seme umano una volta separato dal corpo. Questo metodo può essere preso in considerazione sia come parte di una procedura e tecnica di procreazione medicalmente assistita, sia come attività a sé stante, realizzata per una futura ed eventuale procreazione. Il bacino di utenza, di conseguenza, si è sempre più allargato, anche al di fuori dei confini regionali, diventando centro di attrazione di numerose coppie infertili. Oggi La Fisiopatologia della Riproduzione ha assunto uno sviluppo cosi imprevedibile e dimensioni cosi vaste da acquisire una sua personalità ben definita. Il campo medico della Fisiopatologia della Riproduzione è molto vasto. I settori che esso comprende sono la medicina prenatale, lo studio e la terapia della sterilità coniugale, l’endocrinologia, la medicina prenatale, la genetica, tutte le metodiche per la preservazione della fertilità, l’andrologia, la prevenzione dell’aborto ripetuto. La sola medicina prenatale, che è la Medicina ostetrica preventiva, costituisce il vasto campo della diagnostica,prevenzione e cura delle gravidanze ad alto rischio (Amniocentesi,Monitoraggio endocrino della gravidanza). Dalle statistiche mondiali più recenti,che separano la mortalità prenatale nei due gruppi fondamentali, quelli della morte fetale (feti nati morti) e quello della morte neonatale precoce(nati vivi e morti nei primi sette giorni di vita) è risultato, sulla scorta delle osservazioni fatte al tavolo anatomico, che più della metà di tutti i casi di morte è imputabile a stati di anossia ante partum. La rimanente percentuale di morte è legata alle malformazioni congenite, alla isoimmunizzazione RH, alle infezioni polmonari massive, alla gestosi, al diabete materno, all’obesità e ad altre condizioni meno frequenti. Tali specificità consentono anche di occupare un settore, quello dell’Ostetricia, ma con progettazioni innovative. Sostituire il tradizionale reparto di Ostetricia si rende necessario laddove non sussistono gli standard qualitativi, strutturali,tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera tradizionale(la definizione del volume minimo dei parti,secondo la letteratura scientifica e le esperienze maturate in tale ambito, costituisce” conditio sine qua non” per poter configurare le condizioni organizzative e di competenza necessarie per garantire la sicurezza dell’intero percorso nascita. Lo stesso ragionamento vale per la perdita del Pronto soccorso-Unità Complessa,che per poter rispondere agli standard richiesti per la sicurezza delle prestazioni,non deve prescindere dal possesso dei Reparti di Ortopedia, Chirurgia, Rianimazione, Cardiologia e così via. Il tutto al fine di assicurare la migliore assistenza ai cittadini.
Ben si comprende, allora, la scelta strategica individuata dalla Giunta Regionale della Campania nel piano di revisione del sistema sanitario, circa la dislocazione di alcune specialità presso l’Ospedale Landolfi di Solofra, ormai di fatto Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale San Giuseppe Moscati. La Medicina della Riproduzione, ad alta valenza attrattiva, per la sua specifica mission rappresenta per l’intera Comunità Solofrana e per tutto l’hinterland della Valle dell’Irno, un fiore all’occhiello ed occasione di maggiore visibilità nella comunità scientifica nazionale.
La Medicina Riproduttiva, per il suo vasto campo di operatività, nel contempo, potrà in tal modo disporre di una struttura adeguata ed efficiente, per allargare le potenzialità di studio e ricerca già avviate con Centri Universitari e con Centri di Ricerca di valenza internazionale. Potranno essere incentivati corsi residenziali periodici di formazione per Medici ed operatori del settore, come avviene in altre parti d’Italia, con notevole ripercussione anche in campo economico-sociale, senza contare il notevole afflusso di coppie.
Alla luce di quanto esposto, esprimere richieste non suffragate da cognizioni specifiche e documentate, non consente di aiutare a disegnare una organizzazione sanitaria adeguata ai tempi della sempre più consistente richiesta di valida assistenza alle nuove patologie, ed a rimodulare il piano sanitario regionale.
L’Irpinia, purtroppo, non ha tratto insegnamento dagli errori del passato, quando un Ospedale sotto casa non si negava a nessuno. Gli Ospedali “fotocopia in miniatura” di quelli sovrastrutturati, soprattutto a distanza di pochi minuti, non hanno ragione di esistere nell’era della telemedicina, e delle acquisizioni tecnologiche avanzate, anche alla luce dell’ottimizzazione di specialità, di risorse umane e finanziarie, ed in previsione di quanto già deciso a livello governativo, con la nascita di “Case della Comunità” e “Ospedali di Comunità”.
Altro spazio che Solofra offre, inoltre, è rappresentato dalla possibilità di interconnessione e di stretta collaborazione con la vicina Università di Salerno, sbocco naturale per contatti di collaborazione nell’ambito della ricerca e con corsi di formazione per i propri studenti.
Un orizzonte, quindi, di ampio respiro e di vaste vedute, per uscire dal campo sterile delle polemiche fumose ed inutili di una visione ristretta, stereotipata ed infruttuosa, per incamminarsi con passo spedito verso traguardi affascinanti, connessi e finalizzati ad una realtà nuova che avanza nel campo della medicina e della ricerca, e che possa coinvolgere tutto il territorio irpino, per una ripresa socio-economica valida ed effettiva.

*Medico-Giornalista

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