La farsa dei due Pd irpini
Torniamo ancora, e purtroppo, sul Pd irpino. Ancora perché questo partito, nel bene e nel male, fa notizia. Purtroppo perché – ahinoi! – il più delle volte fa cattiva “notizia politica”. E ci spieghiamo.
Presa com’è dai problemi creati dal maledettissimo Covid – la salute, il lavoro, i disagi economici e le sofferenze psicologiche, ma soprattutto l’incertezza di oggi per domani, figurarsi i progetti a un mese, un anno, almeno dieci per i più giovani – cosa potrebbe mai aspettarsi la gente normale dalla politica se non un minimo di orientamento, stimolo, incoraggiamento per andare avanti?
Osservi le gesta del Pd irpino, anzi “dei” Pd irpini, e ti cadono le braccia. È come se per questo partito, anzi per i diversi partiti di questo Pd, in provincia di Avellino non ci fossero le medesime ferite sanguinanti del resto d’Italia (e del mondo) ma il congresso: il loro congresso sostenuto da una montagna di tessere, di cui non poche un tantino sospette, e da una miseria di idee: il montagnone che partorisce il topolino.
Ecco, il Pd irpino che si tormenta evocando Amleto, non sull’ “essere o non essere”, ma sul “fare o non fare” subito il congresso, restituisce in questa fase l’immagine di quei perditempo i quali, dopo aver alzato il gomito più del dovuto, deambulano barcollando ed esprimono farfugliando pensieri sostanzialmente sfuggiti alla luce della ragione.
L’altro ieri il discorso congressuale sembrava finalmente chiuso. Il commissario Cennamo era stato chiamato al Nazareno, e dal Nazareno aveva avuto una indicazione inequivocabile: il congresso non si può fare ora, si fa dopo aver aggiornato il tesseramento al 2021. Punto. Cennamo, a torto o a ragione, più a torto che a ragione, non aveva condiviso la scelta del Nazareno e si era dimesso, esattamente come i Galantuomini della Politica fanno in certe circostanze. E poiché oltre ad essere un Galantuomo di natura lui è stato anche educato al galateo politico, non si è messo a polemizzare con i vertici del Pd nazionale: ha preferito ricorrere alla giustificazione dei soliti “motivi di salute” che ben sostituisce il silenzio quando ne ricorre la necessità.
Tutto sembrava finito. E invece no. Eccoti la levata di scudi di prammatica della prima fila d’uno dei due Pd irpini. Una lettera para-romantica, ovvero simil-patetica, vergata a più mani dai deluchiani del De Luca avellinese, i dameliani e i petracchiani. Una lettera in cui si rimprovera il Nazareno, addirittura, di “aver sovvertito la democrazia”, fino all’assolo della decaduta presidente del partito, Roberta Santaniello, che ha voluto irrompere sulla scena con il do di petto “Basta con le imposizioni dall’alto”, un diktat che dovrebbe far riflettere seriamente Enrico Letta. Pensate: la Santaniello – proprio lei, la personificazione paradigmatica delle cose imposte dall’alto – che sale in cattedra e ti fa questo po’ po’ di lezioncina sull’etica democratica.
Ma c’è di più. C’è la minaccia velata di questa parte del Pd di andare comunque al congresso qui e subito e con il vecchio tesseramento 2019. Con una spiegazione che immediatamente appare come una pezza peggio del buco: “Abbiamo appreso dalla stampa che il congresso sarebbe stato rinviato e che si sarebbe dovuto celebrare con il tesseramento 2021; non c’è alcuna comunicazione ufficiale del partito nazionale”.
Invero la comunicazione c’era e tanto più: il comunicato stampa dell’incontro al Nazareno e relative decisioni procedurali e politiche recava la firma del commissario Aldo Cennamo, mica di Mimì-Coca Cola! Tuttavia, ieri è arrivata anche la nota ufficialissima dei vertici del partito, con tanto di firma autografa del responsabile nazionale della organizzazione e del coordinatore della segreteria nazionale. Non è mancato nel documento un significativo refuso di date, subito corretto, ma la nota è arrivata. Sufficiente a mettere in pace l’anima di tutti per cominciare ad essere “partito” al servizio della provincia in attesa del congresso. Macché! L’Armata Brancaleone di questo primo Pd irpino se l’è legata al dito, minaccia fulmini e saette, perfino a dispetto dello stesso governatore De Luca che pure ha sempre riservato benevola attenzione verso Lorsignori, ma che è stanco di comportamenti guerrafondai con tutte le questioni serie e gravi che la Campania deve affrontare.
Tuttavia, come ammoniva un Tale già duemila e rotti anni fa, chi è senza peccato scagli la prima pietra. E in verità, in verità possiamo dire che l’altro Pd irpino – ossia quello che fa capo a Del Basso de Caro, Petitto e Festa – di peccati sulla coscienza, quanto a comportamenti “anarchici individuali”, ne ha tanti e tali che sarebbe impresa pressoché impossibile trovarne la giusta pena di contrappasso.
Proprio sul piano del “rispetto delle regole”, ad esempio, orgogliosamente rivendicato da Del Basso de Caro in merito al diktat del Nazareno su tempi e modalità del congresso, non possono passare certo per polvere di stelle le cannonate sparate dai decariani contro il Pd irpino, regionale e nazionale, allorquando fu contrapposta la candidatura dell’attuale sindaco di Avellino al nome ufficiale indicato dal partito. Così come non possono essere cancellate dalla memoria politica le vicende che portarono al boicottaggio, ancora ad opera degli stessi versanti, di ben due consecutivi candidati Pd alla presidenza della Provincia.
Insomma, di comportamenti non proprio irreprensibili ce ne sono nell’uno e nell’altro Pd irpino. Ragion per cui, chi tenta oggi di vestire abusivamente le penne del pavone, ostentando una bellezza e uno stile politico che la cronaca dei fatti decisamente smentisce, il minimo che rischia al primo do di petto è di perdere le penne farlocche e di rivelarsi cornacchia.
In rapporto agli interessi concreti della provincia irpina, specie se inquadrati nella fase di drammatica congiuntura sociale ed economica che stiamo vivendo, ciò che maggiormente avvilisce di questa guerra fratricida è l’incapacità di protagonisti e comparse di alzare lo sguardo oltre il proprio ombelico. Difficile convincersi, per questi soggetti, che non è quello il “centro di gravità permanente” della missione che sono chiamati a svolgere. Quasi impossibile sperare nel miracolo di resurrezione delle coscienze politiche quando si è entrati nel tunnel dei personalismi. Tuttavia il tentativo va fatto e la strada obbligata è una soltanto: Patto di Pace. Ne guadagneranno i migliori, certamente tutto il Pd.
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